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Migrante ucciso alla stazione di Verona, indagato il poliziotto che ha sparato. E Salvini lo difende

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È stato iscritto nel registro degli indagati l’agente della Polizia ferroviaria che nel mattino di ieri, domenica 20 ottobre, ha ucciso a colpi di pistola un migrante 26enne che lo aveva aggredito alla stazione di Verona.

L’ipotesi di reato è eccesso colposo di legittima difesa. Secondo quanto riferisce l’Ansa, che cita fonti giudiziarie, il quadro nel quale procede l’indagine è la legittima difesa da parte del poliziotto, ma si vuole accertare se vi sia stato o meno un superamento di questo perimetro. L’iscrizione dell’agente nel registro degli indagati è stata effettuata anche per consentirgli di nominare propri periti per gli accertamenti forensi.

Erano da poco passate le 5 del mattino di domenica quando Diarra Moussa, originario del Mali, ha danneggiato alcune vetrine della stazione e aggredito con un’arma da taglio una pattuglia della Polizia municipale impegnata nei rilievi di un incidente stradale. Circa due ore più tardi, alcuni agenti della Polfer hanno notato che il 26enne si aggirava nuovamente nella zona della stazione e hanno cercato di bloccarlo.

All’avvicinarsi delle forze dell’ordine, il 26enne ha estratto il coltello e uno degli agenti ha esploso tre colpi di pistola in rapida successione: il migrante è rimasto gravemente ferito ed è stato lo stesso poliziotto che lo ha ferito a praticargli il massaggio cardiaco in attesa dell’arrivo dei sanitari. Per Moussa, tuttavia, non c’è stato nulla da fare.

“Con tutto il rispetto, non ci mancherà. Grazie ai poliziotti per aver fatto il loro dovere”, ha commentato ieri sui social Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Oggi, alla notizia dell’indagine a carico dell’agente, il leader della Lega ha confermato: “Ribadisco il totale sostegno, mio e della Lega, a chi ha risposto ad un’aggressione, difendendosi e facendo il suo dovere”.

Anche il sindacato di polizia Siulp prende le difese dell’agente della Polfer indagato. “A chi propone letture fuorvianti e ingenerose dell’accaduto, ricordiamo che i poliziotti hanno pochi istanti per poter decidere come reagire di fronte a situazioni emergenziali. E non lo fanno certo a cuor leggero”, scrive in una nota Felice Romano, segretario del Siulp. “Il collega che ieri, per quanto emerso dai primi accertamenti, sembra essere stato costretto – ribadiamo: costretto! – a usare l’arma ha, come spiega il comunicato stampa della Procura, immediatamente dopo cercato di soccorrere l’aggressore che stava morendo. Basterebbe questo a capire che sotto quella divisa c’era una persona dotata di un profondo senso di umanità, che dovrà portare per tutta la vita il peso di quei brevi, drammatici momenti”.

A Verona, intanto, il laboratorio autogestito Paratodos – che da alcuni mesi ospitava Diarra Moussa – ha organizzato un sit-in davanti alla stazione in ricordo del 26enne maliano. Secondo alcune testimonianze raccolte dal quotidiano veronese L’Arena, il giovane negli ultimi tempi, dopo che gli era stata tolta la protezione sociale, aveva iniziato a soffrire di una forte depressione.

LEGGI ANCHE: La Russa: “Riscrivere in Costituzione i confini tra i poteri di politica e magistratura”

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