Messina Denaro: “Cosa Nostra? La conosco solo dai giornali. Ho dei beni, ma non vi dico dove sono”
Messina Denaro: “Cosa Nostra? La conosco solo dai giornali. Ho dei beni, ma non vi dico dove sono”
“Non faccio parte di nessuna associazione. Quel che so di Cosa nostra lo so dai giornali”. Emerge il primo inedito interrogatorio di Matteo Messina Denaro, depositato dalla procura di Palermo. Il capomafia è stato sentito il 21 febbraio scorso di fronte al giudice per le indagini preliminari, a un mese dal suo arresto dopo 30 anni di latitanza. L’interrogatorio di garanzia, tenuto in videoconferenza dal carcere dell’Aquila, riguarda uno dei molti procedimenti penali in cui è coinvolto.
L’accusa in questo caso è quella tentata estorsione aggravata, per aver minacciato la figlia di un prestanome che stava tentando di vendere un terreno che la famiglia Messina Denaro aveva intestato al padre, Alfonso Passanante. “Questa mi stava rubando un terreno mio”, sostiene il mafioso 61enne, già condannato in via definitiva per le stragi di Capaci e di via d’Amelio.
“Ha dei soprannomi?”, gli chiede il gip Gianluca De Leo. “Mai avuti. Me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti, ma io nella mia famiglia non ho avuto soprannomi”. Attività lavorative? “Ero un agricoltore, lavoravo in campagna. Sono di Castelvetrano, ma una residenza non ce l’ho più da tempo perché il Comune tanti anni fa mi ha cancellato. Io ormai sono un apolide…Non faccio parte di nessuna associazione. Quel che so di Cosa nostra lo so dai giornali”. Condizioni economiche? “Non mi manca nulla”. Poi alla domanda sui suoi beni patrimoniali aggiunge: “Li avevo, me li avete tolti tutti e se comunque qualcosa ho, no lo dico. Sarebbe stupido”. “Però deve dire se li ha o non li ha?”, insiste il giudice. “Certo che ne ho, sennò come potevo vivere fino ad ora”.
Un’altra risposta beffarda arriva sulle condanne inflitte. “Credo di sì”, dice inizialmente, per poi rispondere ancora al magistrato che lo incalza: “Mi ascolti, io ho detto credo di proposito perché anche voi dall’altra parte mi avete chiesto se ho sentenze definitive lo sapete pure voi e allora l’ho preso con un po’ di umorismo”.
L’interrogatorio poi entra nel vivo delle accuse contestate dalla procura di Palermo, che riguardano la tentata estorsione di Giuseppina Passanante, figlia di un prestanome del clan mafioso a cui era intestato un terreno dei Messina Denaro. “Negli ultimi anni vengo a sapere che lei stava vendendo il terreno. Perché lo venni a sapere? Perché il marito si recava in quel sito agricolo con i sensali, che con i vari compratori, infatti avevano quasi l’affare concluso. Tra parentesi avevano l’affare concluso sotto prezzo, tanto non è che era suo, perché lei che cosa voleva fare, prendersi questi soldi di questo terreno, cioè lo rubava, e pagarsi il mutuo. Arrivati a un dato punto, questi sono discorsi per me non onesti, perché le persone agiscono come vogliono, ma va bene così, ognuno poi risponde con la propria dignità delle cose fa, nel bene e nel male. Allora che cosa ho fatto, che volevo dire alla Passanante che il terreno non è suo, che è mio, perché lo comprò mio padre. E allora che cosa ho fatto, l’ho contattata, con una lettera, e gliel’ho firmata, non ho detto pseudonimi, firmato con Matteo Messina Denaro, perché io credevo di essere nella ragione dei fatti”.
Una conferma che la lettera arrivata a Passanante era stata mandata proprio da lui. Nell’intercettazione grazie alla quale gli inquirenti erano venuti a sapere dello screzio, la stessa Passanante esprimeva dubbi sulla provenienza della missiva. “Quando lo zio Ciccio era vivo e succedeva qualche cosa veniva e gli diceva a mio padre: ‘Ascolta… ma cosa è successo, ma questa cosa, si parlava’”, diceva la donna riferendosi al padre di Messina Denaro. “No che ora a me mi fanno arrivare questa razza di lettera, sempre che l’ha scritta suo figlio, perché io ho i miei dubbi”. Nell’interrogatorio, Messina Denaro ha anche confermato di aver avvicinato i potenziali acquirenti. “Allora, voglio chiarire: se fosse stata Biancaneve a parlare con questi che stavano comprando la terra, si sarebbero fatti una risata. Quindi per forza dovevo essere io”.
La parte rimanente dell’interrogatorio è coperto di molti omissis. Si parla anche dei rapporti tra il capomafia e i corleonesi, che Messina Denaro nega di aver mai visto, e del caso di Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito sequestrato e sciolto nell’acido a meno di 15 anni, dopo oltre 700 giorni di prigionia. Messina Denaro ha affermato di non aver mai incontrato Giovanni Brusca, tra i responsabili dell’omicidio di Di Matteo, che ha indicato il mafioso di Castelvetrano tra i mandanti del rapimento.