Coronavirus, è arrivata in Italia la medicina cinese che a Wuhan ha curato il 90% dei malati. Ma i virologi italiani: “molta cautela”
Coronavirus, è arrivata in Italia la medicina cinese che a Wuhan ha curato il 90% dei malati. Ma i virologi italiani: “molta cautela”
Una cura specifica per il Coronavirus ancora non esiste, cosi come non esiste un vaccino. Squadre di specialisti sono in costante lavoro nella ricerca di farmaci in grado di annientare il virus: da quello usato per l’artrite reumatoide ad antivirali e antimalarici. Negli scorsi giorni a lungo si è parlato del Tocilizumab, i cui risultati sono stati talmente buoni che l’Aifa ne ha autorizzato la sperimentazione in ben 5 ospedali italiani. Ma gli studi per una cura non si concentrano solo sulla medicina occidentale. Infatti, tra il materiale sanitario che arriva in Italia dalla Cina, come ventilatori polmonari, tute speciali, guanti e occhiali protettivi, ci sono anche due farmaci di medicina tradizionale cinese a base di erbe. Uno previene i casi sospetti curando tosse e febbre; l’altro è una medicina disintossicante e disinfettante, usata per ripulire i polmoni. Si chiama capsula Lianhua Qingwen, e a “Wuhan ha già curato il 93 percento dei malati“. Ne parla, in un’intervista a TPI il dottor Chunbiao Guo, presidente dell’Istituto italiano di medicina tradizionale cinese.
Il dottor Guo, 58 anni, è nato a Tientsin, importante citta nel Nord-est della Cina, ma da 30 anni vive a Roma. Specializzato in cardiologia, doppia laurea in medicina occidentale e medicina cinese, la mattina pratica la sua attività di medico in uno studio in centro, mentre il pomeriggio lavora come speaker e autore per la sezione cinese di Radio Vaticana. Guo ci racconta di più su queste misteriose capsule, oggi molto utilizzate in Cina nella cura dei pazienti affetti da Coronavirus, “ma che i medici italiani non sanno ancora come usare”.
Le capsulaLianhua Qingwen che disinfetta i polmoni
“La capsula Lianhua Qingwen è una medicina fatta di erbe naturali. Al suo interno troviamo forsythia di Lianhua Qingwen, caprifoglio, efedra, mandorla, gesso, radice di isatis, bastoncino di ferro di cavallo di cotone, houttuynia cordata, patchouli, rabarbaro, rodiola, mentolo e liquirizia. Queste erbe hanno un’azione disinfettante e ripuliscono i polmoni infetti. Curano anche febbre alta, brividi, congestione nasale, mal di testa, gola secca e lingua rossa”. “Il dosaggio raccomandato è di 12 pillole al giorno: 4 per 3 cicli. Va presa dopo i pasti e si può assumere anche per 10-14 giorni di seguito. Una confezione costa dai 7 ai 9 euro”, spiega il dottore.
100 mila confezioni in Italia: “rafforzano il sistema immunitario”
Oggi questa “miracolosa capsula”, già usata contro il virus della SARS e per curare casi di polmonite, viene utilizzata in Cina nei pazienti affetti da Covid-19. “A Wuhan inizialmente la medicina cinese non era stata adottata. Ma dopo un mese di terapia con la capsula Lianhua Qingwen si sono visti grandi miglioramenti nei pazienti, senza effetti collaterali”, racconta Guo. In Italia sono arrivate circa 100mila confezioni di questo farmaco, molto consigliato dalle autorità cinesi.
Ma perché alcuni medici spingono tanto per l’integrazione della medicina cinese nelle terapie di malati di Covid-19? Come spiega a TPI la dottoressa Federica Quintarelli, esperta di agopuntura e medicina cinese, “le erbe naturali hanno un’azione antivirale e antibatterica, e rafforzano il sistema immunitario. E anche se non in alcun modo la medicina cinese può sostituire le cosiddette cure “salvavita”, Quintarelli si augura che “venga presa in considerazione come integrazione alle terapie convenzionali occidentali, sia in ambito di prevenzione che di cura”, tra pazienti affetti da Coronavirus. In Cina, la medicina tradizionale è stata dichiarata una scienza contemporanea dal 1997, nel Paese esistono ben 46 università di medicina tradizionale e ogni grande città ne ha una.
In Cina il 90 percento curato con la medicina cinese
Stando ai dati ufficiali, la medicina tradizionale ha avuto talmente tanto successo in Cina nella cura al Coronavirus che le autorità ne hanno prescritto l’uso, inserendola nelle linee guida per la diagnosi e il trattamento del virus. Un articolo pubblicato sul sito ufficiale della Commissione nazionale per la salute della Cina (Nhcc) riporta che “un totale di 74.187 pazienti confermati– ovvero il 91.5 percento dei contagi – è stato sottoposto alla medicina cinese come parte della terapia. Più del 90 percento ha mostrato miglioramenti”. Addirittura, scrive la Cnn, “una sperimentazione clinica fatta a Wuhan su 102 pazienti ha mostrato come coloro che erano trattati con terapie integrate – sia di medicina cinese che di medicina occidentale – hanno avuto un tasso di recupero superiore del 33 percento rispetto a quelli curati solo con la medicina occidentale”.
La cautela di Galli e Pregliasco: “Attenzione a dire che hanno un valore scientifico”
Visti i numeri, viene naturale chiedersi perché queste medicine non vengano utilizzate anche in Italia. Lo abbiamo domandato all’infettivologo Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco di Milano e in prima linea nella lotta al Coronavirus. Raggiunto telefonicamente, Galli ha affermato che “nonostante la provata efficacia di alcune delle sue terapie oggi è difficile sperimentare la medicina tradizionale rispetto ai trattamenti in uso che, in questo momento di emergenza, sono già molto meno convenzionali di quelli solitamente applicati”. Come Galli anche il collega e virologo Fabrizio Pregliasco raccomanda grande cautela oggi rispetto all’utilizzo della medicina cinese nella cura al virus. “Anche se – afferma Pregliasco – in questa fase in cui non c’e ancora niente di definito e acclarato dal punto di vista scientifico siamo aperti a tutte le possibilità. Quello che è importante è la valutazione scientifica rigorosa della sicurezza ed efficacia delle terapie”.
E cautela chiede anche Yanzhong Huang, membro Council on Foreign Relations per la salute globale di Washington, nell’analizzare i dati diramati da Pechino. Sono numeri che vanno presi con le pinze, dice Huang: “l’80 percento dei pazienti analizzati negli studi clinici erano casi lievi che sarebbero probabilmente guariti comunque dal virus, anche senza fare nulla”. Insieme a lui sono tanti i medici ed esperti in Cina che nutrono forti dubbi sull’uso terapie tradizionali nella lotta al Coronavirus. Sono difficili da testare con rigore scientifico e la maggior parte ne riconosce un effetto di placebo, ma solamente quello. Soprattutto, spiega l’esperto di medicina cinese Yibin Feng, nella medicina tradizionale ogni caso deve essere trattato in maniera individuale e anche la stessa malattia può avere sintomi diversi su pazienti diversi. Un aspetto non da poco che renderebbe difficile il suo impiego in una pandemia globale che ha superato gli 800mila contagi.
La “soluzione cinese” al Coronavirus
Nonostante ciò, la medicina tradizionale cinese ha il completo supporto del presidente Xi Jinping, che più volte l’ha elogiata come la “soluzione” al Coronavirus. Xi vorrebbe dare alla medicina cinese lo stesso status di quella occidentale. Come riporta l’Economist, Pechino ha attuato una grossa campagna di investimento per promuoverne l’uso massiccio anche all’estero. “La medicina tradizionale è un tesoro della civiltà cinese che incarna la saggezza della nazione e del suo popolo” ha detto il presidente, spronando gli ospedali di tutto il Paese ad utilizzarla nella lotta al Coronavirus.
Non vi sarebbe nulla di male in questo, se non fosse che oggi la medicina cinese è protagonista di una forte campagna mediatica attuata da Pechino per promuovere l’orgoglio nazionale e dimostrare la sua supremazia culturale nel mondo. Ma non solo, quello della medicina cinese è un business da miliardi di dollari l’anno, che ha poco a che vedere con erbe naturali e antiche pratiche curative. Fonte di un giro d’affari potenzialmente enorme, scrive Foreign Policy, la medicina cinese è infatti un’attività completamente istituzionalizzata e sostenuta dal governo.
Medicina cinese o politica nazionale?
“La medicina cinese è una politica nazionale imposta agli ospedali del Paese” denuncia al South China Morning Post un medico, rimasto anonimo, della provincia di Zhejiang. “E anche se i medici di medicina occidentale non concordano con molte delle terapie attuate dai medici di medicina cinese, nessuno si pronuncerà mai contro quest’ultimi. Chi oserebbe opporsi alla politica nazionale?” A quanto pare nessuno, neanche l’Organizzazione Mondiale della Sanità che all’inizio del mese di marzo, piegata dalle pressioni del governo cinese, ha rimosso da una lista “cose da non fare” sul suo sito web, l’indicazione di non usare rimedi naturali contro il Coronavirus.
Così facendo, la politica espansionista di Pechino, non solo offusca i reali possibili benefici della medicina tradizionale cinese nella lotta all’epidemia, ma rischia anche di mettere in pericolo la sanità globale, spingendo verso terapie non verificate e potenzialmente dannose.
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