Morto Matteo Messina Denaro, la malattia del superboss mafioso
Morto Matteo Messina Denaro, la malattia del superboss mafioso
Il superboss mafioso Matteo Messina Denaro è morto all’età di 61 anni a causa di una grave malattia: il criminale, che era stato arrestato il 16 gennaio scorso dopo trent’anni di latitanza, aveva, infatti, un tumore al colon al quarto stadio. Entrato in coma irreversibile nella giornata di venerdì 22 settembre, Messina Denaro è deceduto all’ospedale dell’Aquila dove era ricoverato da agosto a causa delle gravi condizioni di salute.
Il boss di Cosa Nostra, che aveva chiesto di non subire accanimento terapeutico, era stato arrestato proprio “grazie” alla sua malattia.
Messina Denaro, infatti, era solito recarsi in una clinica di Palermo, la Maddalena, per sottoporsi alla chemioterapia. Ed è proprio in questo ospedale che, il 16 gennaio scorso, i carabinieri del Ros lo hanno arrestato dopo un imponente operazione e mesi di accurate indagini.
Chi era Matteo Messina Denaro
Latitante dal 1993, e inserito nella lista dei più pericolosi del Viminale, è stato capo del mandamento di Castelvetrano – suo paese di nascita – e rappresentante di vertice della mafia nella provincia di Trapani. Insieme a Totò Riina e Bernardo Provenzano è stato uno dei boss più potenti di tutta Cosa Nostra.
Chiamato “U Siccu” per la sua corporatura, oppure “Diabolik” per la sua capacità di restare nell’ombra, è stato uno degli uomini chiave del biennio stragista 1992-1993, e, insieme a Totò Riina e Bernardo Provenzano, è stato uno dei boss più potenti di tutta Cosa Nostra.
A vent’anni divenne pupillo di “U curtu” (Riina ndr.), dopo l’arresto di quest’ultimo fu favorevole alla continuazione della strategia degli attentati dinamitardi, insieme ai boss Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano.
Nel 1992 fece parte di un gruppo di fuoco, composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani, che venne inviato a Roma per compiere appostamenti nei confronti del presentatore televisivo Maurizio Costanzo e per uccidere Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli.
Nel luglio di quello stesso anno Messina Denaro fu tra gli esecutori dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alcamo, che aveva cominciato a ribellarsi all’autorità di Riina. Soltanto alcuni giorni dopo strangolò a mani nude anche la compagna di Milazzo, Antonella Bonomo, che era incinta di tre mesi.
Nel 1993 fu tra i mandanti del sequestro del dodicenne Giuseppe Di Matteo, nella speranza che il padre, l’ex mafioso Santino Di Matteo, evitasse di collaborare con gli inquirenti che stanno indagando sulla strage di Capaci.
Dopo due anni giorni di prigionia, il piccolo fu strangolato e il suo cadavere venne sciolto nell’acido. Il 21 ottobre 2020 è stato riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo dalla Corte D’Assise di Caltanissetta per essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio, costate la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
È stato arrestato il 16 gennaio 2023 a Palermo, mentre era in day hospital alla clinica Maddalena nella quale si recava per sottoporsi alla chemioterapia.