“Un altro figlio? Non tornare a lavoro o ti facciamo morire”: dipendente minacciata dall’azienda
La storia di Chiara, che si è rivolta alla Cgil per raccontare la sua storia
Maternità, dipendente minacciata: non tornare in azienda o ti faremo morire
“Ti conviene non tornare in azienda o ti faranno morire”. Chiara è la dipendente di un’azienda milanese. Dopo la maternità, si sente minacciata. Non riusciva a credere alle sue orecchie quando il consulente del lavoro, al suo rientro, si è presentato da lei con un’offerta di buonuscita da parte della sua azienda. La stessa azienda per cui lavorava da 15 anni e che adesso non le perdona di avere avuto un altro bambino, il secondo.
Chiara ha deciso di non accettare l’offerta, nonostante le insistenze del consulente del lavoro e nonostante le vessazioni a cui – ha capito subito – l’avrebbero sottoposta in ufficio. E così si è rivolta alla Cgil della Lombardia per avere assistenza legale.
Con il primo figlio nessun problema, tutto era andato secondo le leggi. Ma la seconda gravidanza, circa un anno fa, arriva in un clima totalmente diverso, come racconta il quotidiano Corriere della Sera. C’è stato un cambio generazionale al vertice dell’azienda familiare e il nuovo “capo” non è stato contento di sapere che Chiara era di nuovo incinta. Sembra che le abbia anche detto: “Dovevi comunicarmi che tu e il tuo compagno avevate deciso di avere un altro bambino”.
Quando torna, dopo la maternità, scopre che l’azienda ha deciso di riposizionarla. E che, addirittura, era già stata assunta un’altra persona per prendere il suo posto, e con un contratto a tempo indeterminato.
La dipendente minacciata dopo la maternità, a quel punto, si rivolge al sindacato, ma non smette di andare a lavoro, non vuole mollare. Nemmeno quando le vessazioni diventano tante ed evidenti: da responsabile di reparto si ritrova a fare fotocopie e rispondere al citofono (“ma non al telefono”), non ha accesso alla posta elettronica, deve triturare documenti e archiviare fascicoli cartacei, quando viene cambiato il cancello elettrico all’ingresso dell’azienda a lei non viene consegnato il telecomando.
Ma soprattutto, viene ignorata da tutti. “È tutto molto frustrante – ammette – ma io vado avanti perché so di avere ragione”.