Mafia, arrestato collaboratore di una deputata di Italia Viva: “Era un messaggero dei boss in carcere”
Antonello Nicosia, esponente dei Radicali Italiani, è finito in manette nell'ambito di un'inchiesta sui fedelissimi del super latitante Messina Denaro. Avrebbe sfruttato le visite ai detenuti per portare ordini all'esterno. I magistrati: "Era pienamente inserito nel clan"
Mafia, arrestato collaboratore di una deputata
Su ordine della Procura di Palermo un collaboratore parlamentare di una deputata di Italia Viva (ex Leu), Pina Occhionero, è stato arrestato per associazione mafiosa, perché considerato vicino ai fedelissimi del superboss di Cosa Nostra latitante Matteo Messina Denaro. Si tratta di Antonello Nicosia, 48 anni, originario di Sciacca, in provincia di Agrigento, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani e per anni impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti.
Nicosia è stato arrestato all’alba dai finanzieri del Gico di Palermo e dai carabinieri del Ros. L’accusa di associazione mafiosa viene contestata nel fermo disposto dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì.
La deputata Occhionero, 41 anni, molisana, eletta alla Camera nel 2018 per Leu e di recente passata a Italia Viva, non è indagata. Nicosia avrebbe agito a sua insaputa. La parlamentare sarà comunque sentita dai pm di Palermo come testimone. A suo seguito Nicosia è entrato in istituti di pena di alta sicurezza come Tolmezzo.
A quanto emerso, i boss più vicini Messina Denaro potevano contare sull’insospettabile collaboratore parlamentare ed esponente radicale, che ha accompagnato la parlamentare in alcune ispezioni nelle carceri siciliane. Durante visite i boss avrebbero affidato all’assistente della deputata dei messaggi da recapitare all’esterno. Secondo la Procura Nicosia avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando ordini all’esterno.
Nicosia nei suoi interventi in tv parlava di legalità e diritti. Le microspie lo hanno sorpreso mentre insultava il giudice Giovanni Falcone: “È stato un incidente sul lavoro”, affermava. Messina Denaro veniva invece definito “il primo ministro”. Al telefono discuteva animatamente del padrino di Castelvetrano e invitava il suo interlocutore parlare con cautela del boss. “Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)”, diceva.
L’inchiesta sui fedelissimi di Messina Denaro: 5 arresti
Con Nicosia sono state arrestate anche altre quattro persone, tra cui il boss di Sciacca Accursio Dimino.
I cinque fermati dalla Dda di Palermo nell’ambito di una inchiesta sui clan vicini al boss Messina Denaro, sono precisamente Dimino, Nicosia, Paolo Ciaccio, Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia. I primi due sono accusati di associazione mafiosa, gli altri di favoreggiamento.
Il ruolo di Nicosia: “Era pienamente inserito nel clan”
Secondo i magistrati, Nicosia non si sarebbe limitato a fare da tramite tra i detenuti e le cosche, ma avrebbe gestito business in società con Dimino, con cui si incontrava abitualmente, fatto affari coi clan americani e riciclato denaro sporco.
Per i magistrati il 48enne sarebbe “pienamente inserito nell’associazione mafiosa”. Nicosia, è emerso dall’indagine sui fedelissimi di Messina Denaro, chiedeva al clan di intervenire per riscuotere crediti, partecipava a summit con fedelissimi del boss latitante. In uno degli incontri con gli uomini d’onore del clan di Sciacca, tenuto a Porto Empedocle a febbraio 2019, avrebbe parlato di una somma di denaro da far avere al capomafia latitante.
Dall’inchiesta è emerso anche il coinvolgimento di Nicosia in un progetto relativo alle carceri che, scrivono gli inquirenti, “interessava direttamente il capomafia latitante”. In cambio Nicosia si aspettava di ricevere “un ingente finanziamento non ritenendo sufficienti i ringraziamenti che diceva di avere ricevuto dallo stesso ricercato”.
La deputata Occhionero (Italia Viva): “Ringrazio la magistratura”
Un commento della deputata di Iv Occhionero non si è fatto attendere. La parlamentare ha ringraziato la magistratura per il lavoro svolto e si è detta “profondamente amareggiata”. Ha spiegato di essere stata ingannata dal curriculum e dai racconti di Nicosia che “non corrispondevano alla realtà”.
“Ringrazio la magistratura e le forze dell’ordine per lo straordinario lavoro di contrasto alla mafia”, ha detto Occhionero in un comunicato. “Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità, arrivando a veicolare messaggi mafiosi per conto dei detenuti. Quello che si legge nelle intercettazioni è comunque vergognoso e gravissimo”.
“La collaborazione con me – ha proseguito la deputata di Italia Viva – durata solo quattro mesi, era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà ho interrotto la collaborazione. Le visite in carcere peraltro sono parte del lavoro parlamentare a garanzia dei diritti sia dei detenuti sia di chi vi lavora. Ora sono profondamente amareggiata, ma la giustizia farà il suo corso. Mi auguro nel più breve tempo possibile. Pur essendo del tutto estranea alla vicenda sono comunque a disposizione della magistratura per poter fornire ogni elemento che possa essere utile”.
Di Maio: “Le parole di Nicosia fanno ribrezzo”
Diverse le reazioni dal mondo della politica. Luigi Di Maio ha commentato: “Uno che considera Messina Denaro ‘il nostro premier’ e che insulta la memoria di Falcone e Borsellino definendo le stragi del 1992 ‘un incidente sul lavoro’ fa ribrezzo. Sono parole sconvolgenti, scioccanti, che indipendentemente dalle implicazioni di Nicosia devono farci riflettere”.
“Da Shanghai – ha spiegato il ministro degli Esteri – leggo dell’arresto di Antonello Nicosia. Non voglio entrare nei dettagli, sarà la magistratura ad occuparsene”.
“La mafia c’è, esiste, fa schifo e va combattuta ogni giorno”, ha aggiunto il capo politico del M5S. “Senza nessuna paura. Siamo più forti di loro, non dimentichiamocelo mai”. Di Maio ha chiuso il post citando Paolo Borsellino: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.