Libero l’uomo che sfregiò con l’acido Lucia Annibali: “Mi ha chiesto perdono, non ho voluto incontrarlo”
Libero l’uomo che sfregiò con l’acido Lucia Annibali: “Mi ha chiesto perdono, non ho voluto incontrarlo”
Aveva sfigurato Lucia Annibali in cambio di 30mila euro. Dopo aver scontato 9 dei 12 anni previsti dalla pena, Rubin Talaban è stato scarcerato per buona condotta ed è stato espulso dall’Italia. La fine della detenzione risale allo scorso aprile, a 10 anni dall’aggressione all’avvocata di Pesaro, ma la notizia è arrivata solo adesso, riportata dal Messaggero.
Il 41enne albanese era stato assoldato da Luca Varani, ex compagno della donna, che aveva commissionato l’aggressione a lui e al connazionale Altistin Precetaj. La notte del 16 aprile 2013 i due, incappucciati, avevano aspettato la donna sul pianerottolo di casa e poi le avevano gettato l’acido in faccia. “Fu preciso, lento, sicuro. L’ho visto prendere la mira e tirarmi il liquido in faccia, dal basso verso l’alto, da destra verso sinistra”, ha raccontato l’avvocata al Corriere della Sera.
Entrambi sono stati condannati a 12 anni, mentre Varani ha ricevuto una pena di 20 anni per stalking e tentato omicidio. Grazie agli sconti di pena anche lui potrebbe lasciare la cella prima del 2023.
A dare la notizia della scarcerazione è stato l’avvocato di Talaban. Durante un processo per presunte vicende di droga, è infatti emerso che il 41enne è in libertà. L’uomo ha beneficiato di una norma sui reati commessi da stranieri, che prevede che il condannato venga espulso e riportato in patria con il divieto di rientrare in Italia per dieci anni. Grazie alla buona condotta è uscito con 15 mesi di anticipo.
“Era previsto dalla sentenza che a fine pena tornasse nel suo Paese. Così è successo, è tutto corretto”, ha commentato Annibali. L’ex deputata di Italia viva, costretta a decine di operazioni al volto dopo l’aggressione, ha detto di non aver mai voluto incontrare l’uomo nonostante le richieste.
“Mi ha scritto, chiedendomi in qualche modo perdono e raccontando quello che aveva fatto”, ha detto al Messaggero. “In pratica un’ammissione di colpevolezza, peraltro già dimostrata nei fatti dal processo. Quando l’ho letta ho pensato che se si era reso conto di quello che aveva fatto era meglio per lui. Alla fine è il percorso che ciascuno detenuto dovrebbe fare nella propria vita. Io non gli ho mai risposto, né ho avuto intenzione di incontrarlo”.