Scandalo pm, Luca Palamara espulso dall’Anm
È la prima volta che un ex presidente viene messo alla porta dal sindacato dei giudici
Palamara espulso dall’Anm
Luca Palamara, il pm di Roma (ora sospeso dalle funzioni e senza stipendio) imputato di corruzione a Perugia, è stato espulso dall’Anm. La decisione è stata presa oggi, sabato 20 giugno 2020, dal comitato direttivo centrale del sindacato dei giudici di cui lo stesso Palamara è stato presidente tra il 2008 e il 2012. I componenti del ‘parlamentino’ hanno votato tutti a favore della proposta avanzata dal collegio dei probiviri, e si è registrata una sola astensione. È la prima volta che un ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati viene espulso dall’associazione.
Il comitato direttivo centrale ha condiviso le conclusioni dei probiviri sull'”inaudita gravità dei fatti” per la violazione dei doveri imposti dal codice etico”, in base a quanto emerso dagli atti dell’inchiesta di Perugia, dove Palamara è indagato per corruzione.
“Esiste una gigantesca questione morale che riguarda il senso stesso della magistratura”, ha detto Luca Poniz, il pm milanese della corrente di sinistra di Area e oggi al vertice dell’Anm. In apertura del comitato direttivo centrale che ha deciso sull’espulsione di Palamara, Poniz ha citato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il duro intervento del capo dello Stato di giovedì, condividendone l’analisi. “La stragrande maggioranza dei magistrati italiani è estranea alla modestia etica” rivelata dall’indagine di Perugia, ha detto.
Palamara: “Chiedo scusa a chi è fuori da correnti”
“Non mi sottrarrò alle responsabilità ‘politiche’ del mio operato per aver accettato ‘regole del gioco’ sempre più discutibili. Ma deve essere chiaro che non ho mai agito da solo. Sarebbe troppo facile pensare questo”, ha scritto Palamara in un documento che porta la data di oggi, indirizzato al presidente dell’Anm, al comitato direttivo centrale e al presidente della Giunta sezionale del Lazio.
“Ritengo convintamente di dover chiedere scusa – si legge ancora nel documento – ai tanti colleghi che nulla hanno da spartire con questa storia, che sono fuori dal sistema delle correnti”. “Per loro – ha continuato Palamara – sono disposto a dimettermi, solo se ci sarà una presa di coscienza collettiva e insieme a me si dimetteranno anche tutti coloro che hanno fatto parte di questo sistema per dare oggi la possibilità a tutti quei magistrati che ingiustamente ne sono rimasti penalizzati di attuare un reale rinnovamento della magistratura senza infingimenti, senza più tensioni e senza sterili ed inutili contrapposizioni ideologiche”.
Nella sua memoria Palamara scrive che le “nomine dei dirigenti giudiziari” sono “il frutto di estenuanti accordi politici”. “Talvolta essi conducono alla designazione di persone degnissime e meritevoli di ricoprire i posti per cui hanno fatto domanda”, ma “la politica ha anche il suo lato oscuro. Fuor di metafora in alcuni casi le nomine hanno seguito solo logiche di potere nelle quali il merito viene sacrificato sull’altare dell’appartenenza”.