Morta di malaria non diagnosticata, la famiglia di Loredana Guida si rivolge a Mattarella: “Nessuno la ascoltò”
La madre e i fratelli di Loredana Guida si rivolgono al Presidente della Repubblica, al ministro della Salute e alla magistratura attraverso una lettera per chiedere giustizia: raccontano il calvario vissuto dalla 44enne insegnante di Agrigento, morta nel gennaio 2020 di malaria.
Nella vita aveva un grande sogno, aprire una scuola in Nigeria, dopo essersi innamorata di questo Paese in vacanza. Pochi giorni prima di morire era tornata in Africa, ma al suo rientro in Italia aveva lamentato alcuni sintomi tra i quali febbre alta e spossatezza. Il medico di famiglia era convinto fosse una banale influenza, e non la visitò nemmeno.
In poco tempo però le sue condizioni peggiorarono, al punto da andare al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento con 39 di febbre. Anche lì nessuno la testa per la malaria. Guida firma le dimissioni e torna a casa, dove continua ad aggravarsi: al telefono il medico le prescrive alcuni farmaci, del tutto inefficaci contro il falciparum, la forma di malaria del ceppo più grave che ci sia.
Dopo altri 4 giorni la donna si reca in guardia medica in gravi condizioni. Il giorno dopo arriva in ospedale in coma, ma soltanto il 21 gennaio viene sottoposta al test per la malaria, che dà esito positivo. Per il farmaco che le avrebbe salvato la vita, il chinino, un’auto da Agrigento si dirige verso Catania.
Ma è troppo tardi: dopo due settimane di calvario, la donna muore. “Gli esperti — raccontano i fratelli Giuseppe e Luisa — non hanno dubbi: se la malattia fosse stata scoperta il 15 gennaio avrebbe avuto l’80% di possibilità di sopravvivere e anche quando già era in coma, se si fosse intervenuti, le chance di sopravvivenza sarebbero state del 60%”.
Loredana aveva provato per giorni a spiegare di essere stata in Nigeria, nella speranza di ottenere un test. La famiglia ha presentato un esposto in Procura, ma gli inquirenti hanno chiesto la chiusura del caso sostenendo che “le condizioni di salute di Loredana erano ormai critiche e che nulla avrebbero potuto fare per salvarle la vita”.
Solo per tre medici è stato chiesto il rinvio a giudizio. Ora la famiglia chiede “un giusto processo” in cui “le parti, interpellate ognuno per le proprie responsabilità nel contraddittorio che si addice a un paese civile possano e debbano esprimere le proprie motivazioni dichiarandosi innocenti fino a prova contraria”, ma, se colpevoli, “siano condannate senza possibilità di scorciatoie”.