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Scuola: in Lombardia via ai test sierologici, ma c’è un giallo sugli educatori

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Da lunedì 24 agosto partono gli esami su base volontaria per il personale docente e non docente. In questa seconda categoria ci sono anche gli assistenti scolastici che si occupano di alunni disabili? La logica direbbe di sì, ma è veramente impossibile avere una conferma

Continuano a salire i contagi di Covid-19 in Lombardia e oggi, domenica 23 agosto, è un giorno cruciale, in quanto molti lombardi che hanno trascorso le vacanze all’estero o in altre località italiane sono attesi al rientro. Per fortuna, ieri a Linate i tamponi sono sembrati un po’ meglio organizzati rispetto al debutto a Malpensa e speriamo che lo stesso avvenga oggi a Orio Al Serio.

La crescita dei contagi certificati è certamente frutto sia dei rientri che di un numero maggiore di test somministrati, ma l’evoluzione epidemiologica crea ovvie preoccupazioni in vista della riapertura delle scuole, prevista per il 14 settembre. Per questo motivo, da domani Regione Lombardia sottoporrà a test sierologici su base volontaria il personale scolastico: chi risulterà positivo dovrà obbligatoriamente effettuare il tampone e rimanere in isolamento, mentre per i negativi non è previsto alcun obbligo.

Le comunicazioni diffuse su questa opportuna iniziativa specificano le modalità di accesso e che essa riguarda sia il personale docente che non docente: 206.687 persone, delle quali 9.827, secondo quanto comunica Regione Lombardia, “hanno già prenotato il test, la metà dei quali attraverso l’app Salutile“.

Ma resta un dubbio, non da poco: nel conteggio del personale non docente sono stati inseriti anche gli educatori che, per legge, sono adibiti all’assistenza degli studenti con disabilità cognitive, motorie e/o sensoriali? Il dubbio è lecito, in quanto alcuni di essi faticano ad orientarsi nelle indicazioni regionali e hanno girato il loro quesito a TPI.

Andiamo con ordine: queste figure, per quanto fondamentali nella quotidianità scolastica, sono un po’ sui generis, in quanto non sono né dipendenti del Ministero dell’Istruzione, né comunali. Si tratta di lavoratori che fanno parte di cooperative specializzate, le quali vengono ingaggiate dai comuni di competenza sulla base di bandi. Spesso l’aggiudicazione di tali bandi va a rilento e quindi gli educatori entrano in servizio ad anno scolastico già cominciato, con notevole disagio per gli alunni disabili che devono farne a meno fino a quando non vengono superati i vincoli burocratici.

Una volta operativi, però, gli educatori diventano parte integrante del gruppo-classe: non sono docenti, ma aiutano i loro assistiti a seguire la didattica e, cosa ancora più importante, a socializzare con i coetanei, superando quelle barriere che talvolta vengono determinate dalla paura della diversità. Questi operatori, quindi, interagiscono con tutti gli alunni e quindi sarebbe veramente da irresponsabili che i test sierologici fossero somministrati a docenti e bidelli, ma non a loro. Ma sarà davvero così?

In effetti è difficile capirlo, perché in nessuna comunicazione viene citata esplicitamente questa categoria. La generica definizione di “personale non docente” lascerebbe pensare di sì, ma come spiega uno degli interessati “solitamente le istituzioni si occupano solo del personale che dipende direttamente da loro, quindi nutriamo forti dubbi sul fatto che abbiano pensato anche a noi. Dai nostri datori di lavoro non abbiamo ancora saputo nulla, quindi è probabile che nessuno li abbia allertati”.

Provare a chiamare il numero verde indicato da Regione Lombardia non serve a nulla: la domenica non è attivo e non si è pensato di fare un’eccezione nemmeno per la vigilia dell’inizio degli importanti test sierologici.

Abbiamo allora provato a prenotare l’esame direttamente su https://www.prenotasalute.regione.lombardia.it: inserendo le credenziali di uno di questi educatori, siamo arrivati fino alla scelta del giorno e della sede dove effettuare il test, ma in nessuno di questi passaggi è mai stato chiesto se il soggetto fosse o meno un operatore scolastico. A questo punto abbiamo interrotto la prenotazione, onde evitare di costringere la persona in questione a pagare un ticket per una prestazione alla quale non avrebbe avuto diritto.

E se invece il database di Regione Lombardia associasse direttamente il codice fiscale dell’operatore alla sua professione? In effetti sarebbe bello e neanche troppo difficile, ma probabilmente non è così. Abbiamo fatto una prova inserendo i dati del sottoscritto – che evidentemente non è un operatore scolastico al quale somministrare il test – e siamo arrivati allo stesso punto. E a quel punto siamo usciti delusi, questa volta definitivamente, dal portale.

Sperando che si tratti di un mero errore di comunicazione (l’ennesimo) e non di una dimenticanza, segnaliamo la cosa all’Ats e all’assessore al Welfare Giulio Gallera, contando sul fatto che ne occupi fin da domani: fare i test a chi si occupa dei nostri figli è davvero fondamentale, soprattutto in questo momento.

Leggi anche: 1. “Ha la febbre? Prenda una Tachipirina e vada comunque a fare il test”: l’assurda storia di una milanese / 2. Perché la scuola rischia di aprire e chiudere subito dopo (di Luca Telese) / 3. Coviddi (non) ce n’è: la crociata negazionista degli anti-virus (di Giulio Gambino)

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