“La mia vita è rovinata, vorrei poter tornare indietro ma non posso”: lo youtuber Matteo Di Pietro parla davanti al Gip
“La mia vita è rovinata. Vorrei tornare indietro, ma non è possibile”. Così Matteo Di Pietro, il fondatore del gruppo di youtuber TheBorderline, si è presentato davanti al gip.
Alla guida della Lamborghini Urus blu che il 14 giugno si è schiantata contro la Smart su cui era a bordo il piccolo Manuel, rimasto ucciso nell’incidente, il creator è rimasto davanti al giudice per più di un’ora dando la sua versione dei fatti.
Nell’atto si legge della supercar lanciata fino a 145 chilometri orari per le strade di Casal Palocco. Ancora, vengono riportate le testimonianze degli altri youtuber a bordo: “Gli abbiamo detto più volte di rallentare”. Raccomandazioni inutili: il gps della supercar segnala che l’impatto su via di Macchia Saponara è avvenuto a 124 chilometri orari, senza segnali di frenata.
Matteo Di Pietro, arrivato a piazzale Clodio con il suo difensore, ha risposto alle domande del gip Angela Gerardi. «È una tragedia per tutti – ha detto il difensore del giovane, l’avvocato Antonella Benveduti – Il mio assistito è distrutto, sono due famiglie distrutte. In questa fase attendiamo l’esito delle consulenze tecniche disposte dalla procura sui dispositivi sequestrati e sulla velocità del suv».
All’arresto di Di Pietro si è arrivati dopo le indagini condotte da polizia locale e carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino.
“Il tratto trasgressivo dell’indole dell’indagato» rende «indispensabile l’adozione di una misura cautelare» per «fronteggiare il pericolo di reiterazione» del reato. Nell’ordinanza cautelare, 11 pagine vergate dal gip di Roma, Angela Gerardi, viene delineato il comportamento tenuto da Matteo Di Pietro. Gli arresti domiciliari, a detta del giudice, sono la misura adeguata per il giovane che già in passato aveva messo in atto ‘sfide’ da postare online con il gruppo Theborderline mettendo a repentaglio l’incolumità «sua e degli utenti della strada».
Una personalità definita dal magistrato «non tranquillizzante» alla luce del fatto che la sua fonte di reddito è legata alla realizzazione di video da pubblicare nel canale social che poteva contare su oltre 600 mila follower. Per il giudice “sussiste, quindi, il pericolo di inquinamento delle prove, così come ritenuto dal pubblico ministero, tenuto conto del mancato rinvenimento, all’interno della Lamborghini, delle due telecamere GoPro utilizzate per la registrazione dei video che, per come riferito dagli amici di Di Pietro erano in funzione e al momento dell’incidente utilizzate da uno di loro”. Telecamere che forse sono state cercate dagli inquirenti nelle perquisizioni disposte pochi giorni dopo sia nell’abitazione dell’indagato, sia in quelle dei suoi amici che erano con lui sul bolide preso a noleggio, sia nella sede della società di cui era amministratore.