L’ultima testimonianza pubblica di Liliana Segre: “Anche ad Auschwitz ho sempre scelto la vita”
Rondine, l’ultima testimonianza pubblica della senatrice a vita Liliana Segre
“Se qualcuno legge a fondo le leggi razziali fasciste una delle cose più crudeli è stato far sentire invisibili i bambini. Molti miei compagni non si accorsero che il mio banco era vuoto”, è l’immagine crudele descritta dalla senatrice a vita Liliana Segre nella sua ultima testimonianza pubblica, resa venerdì 9 ottobre a Rondine, “città della pace”, in provincia di Arezzo. L’ultimo intervento della senatrice sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz, destinato alle scuole italiane e ai giovani del mondo, è stato accolto da una standing ovation dopo che un lungo applauso aveva salutato il suo ingresso nella tensostruttura gremita. Insieme alla senatrice il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, il presidente della Camera Roberto Fico, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, e Franco Vaccari, presidente della Cittadella della Pace. “C’è un momento in cui, una persona di novanta anni, dice: mi ritiro“, ha detto Segre.
“Sono stata clandestina e so cosa vuol dire essere respinti. Un giorno di settembre del 1938 sono diventare l’altra. So che quando le mie amiche parlano di me aggiungono sempre la mia amica ebrea. E quel giorno a 8 anni non sono più potuta andare a scuola. Ero a tavola con mio papà e i nonni e mi dissero che ero stata espulsa. Chiesi perché, ricordo gli sguardi dei miei, mi risposero perché siamo ebrei, ci sono delle nuove leggi e gli ebrei non possono fare più una serie di cose. Non volevo essere lì. Ero lì col mio corpo, sempre più cadente. Non più donna, senza le mestruazioni, senza seno. Senza le mutande. Non ho paura a dire quella parola. Quando si toglie l’umanità alle persone bisogna astrarsi e togliersi da lì col pensiero se si vuole vivere. Scegliere sempre la vita. Io sono viva per caso. Perchè tutte sceglievano la vita, poche quelle che si sono suicidate anche se era facilissimo. Tutte sceglievamo la vita, la vita, la vita. Di essere fuori da lì. Sognavamo un prato verde, un bambino che gioca. Per uscire da quel mondo di morte dovevamo estranearci, scegliere la vita”, ha raccontato segre, che la scorsa settimana è stata insignita della Legion d’Onore dal presidente Emmanuel Macron, il più alto riconoscimento per meriti civili in Francia. “Non ho mai perdonato, come non ho dimenticato” ha sottolineato Segre “certe cose non sono mai riuscita a perdonarle”.
“Una testimonianza di eventi così tragici che ha la funzione di interrogare le coscienze, di sollecitarci a scacciare via l’indifferenza e anche le ambiguità, di sollecitarci ad assumere posizioni chiare e scelte nette” sono state le parole con cui il premier Giuseppe Conte ha commentato l’intervento di Segre durante la cerimonia. “Io offro la garanzia mia personale e dell’intero governo che questa testimonianza non finisce oggi ma si manterrà viva”, ha continuato. “Ci hai insegnato che ricordare l’orrore è necessario. Che nessuna società può crescere, può alimentare la speranza nel futuro senza la memoria degli errori del passato” ha aggiunto la Presidente del Senato Elisabetta Casellati. “Ci hai fatto vivere insieme a te il senso del disprezzo, il senso del vuoto, il senso della devastazione”.
“Giurando sulla nostra Costituzione giuriamo di portare avanti la testimonianza di Liliana Segre, quindi ogni volta che noi affrontiamo la Costituzione affrontiamo i motivi per cui è nata: contro il fascismo, contro il nazismo, contro tutto quello che ha reso brutto l’essere umano”, ha affermato invece il presidente della Camera Roberto Fico. “Grazie Liliana Segre”, recitava la scenografia alle spalle della senatrice durante il suo ultimo discorso. La profondità con cui Segre ha raccontato e tramandato nel tempo l’orrore dei campi di concentramento, la crudeltà delle leggi razziali e la forza dimostrata durante la prigionia resterà impressa nella memoria di quanti hanno avuto la possibilità di ascoltarla, affinché quelle atrocità non si verifichino mai più.
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