“Almeno 100 colpi” sparati dalla Guardia costiera libica al peschereccio italiano
Il timoniere Girolamo Giacalone dopo l’arrivo dell’Aliseo a Mazara del Vallo: "volevano sequestrarci"
“Almeno 100 colpi” sparati dalla Guardia costiera libica al peschereccio italiano
La Guardia costiera libica ha sparato “almeno 100 colpi” contro il peschereccio Aliseo, attaccato da una motovedetta donata dall’Italia lo scorso giovedì 6 maggio. Lo ha dichiarato il timoniere dell’imbarcazione Girolamo Giacalone, affermando che le autorità libiche volevano “sequestrare” l’equipaggio. “Poi non so chi è intervenuto da Roma e poi si è trovata la soluzione”, ha detto Giacalone secondo quanto riportato dall’agenzia AdnKronos.
“Eravamo in navigazione verso la Grecia, perché l’elicottero della Marina ci aveva invitato a spostarci”, ha detto oggi dopo l’attracco al porto di Mazara del Vallo. “Poi, dopo un’oretta ci siamo trovati la motovedetta libica che ci inseguiva. I primi colpi erano a salve, ma poi hanno iniziato a colpire i vetri e abbiamo fermato le macchine anche perché il comandante è rimasto ferito”, dopo che i libici hanno sparato “almeno 100 colpi”. “Hanno sparato ovunque, i proiettili hanno perforato le lamiere, se fossimo passati da lì saremmo morti”, ha detto. “È stato un miracolo che oggi siamo tutti vivi”.
Giacalone ha raccontato ai giornalisti che la Guardia costiera libica ha abbordato il peschereccio, su cui sono saliti a bordo tre militari armati che hanno portato il comandante a bordo della loro motovedetta.
“Quando il comandante è tornato a bordo, ci ha detto che gli hanno chiesto scusa. Ma scusa per cosa? Potevano ucciderci. È stato un miracolo, bastava qualche centimetro e ci uccidevano”, ha affermato il timoniere secondo quanto riportato dall’Ansa. “I fori sono visibili sul vetro, su uno schermo e nelle pareti di ferro. Tornare in quelle acque per lavorare è impossibile, non ci sentiamo per nulla sicuri”.
Motovedetta donata dall’Italia
La nave da cui sono partiti i colpi della Guardia costiera libica era una delle motovedette donata dall’Italia alla Libia nell’ambito del controverso memorandum sottoscritto con il governo di Tripoli nel 2017 e rinnovato nel 2020, in cambio della disponibilità a intercettare le imbarcazioni dei migranti partite dalle coste del paese nordafricano. Qui i migranti vengono riportati in centri di detenzione, dove secondo testimonianze dirette vengono sottoposti a torture.
Secondo le autorità libiche, il peschereccio si trovava nella Zona di protezione della pesca istituita dalla Libia nel 2005, che si estende per 62 miglia dalle proprie coste.
Lo scorso settembre 18 pescatori di Mazara del Vallo sono stati sequestrati e tenuti prigionieri per 108 giorni in Libia, per essere poi liberati a dicembre.
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