“I Savoia chiedono scusa per le leggi razziali”: Emanuele Filiberto invia una lettera alla comunità ebraica
Le leggi antisemite, firmate nel 1938 da re Vittorio Emanuele III e volute da Benito Mussolini, sono "un documento inaccettabile, un’ombra indelebile per la mia famiglia, una ferita ancora aperta per l’Italia intera”, scrive il nipote di quel sovrano che ha permesso con la sua firma di eliminare gli ebrei dalla vita civile, di umiliarli, di togliere loro dignità, libertà e diritti. Da quel giorno gli ebrei non furono più cittadini come tutti gli altri
Leggi razziali, Emanuele Filiberto invia una lettera di scuse alla comunità ebraica per “chiedere ufficialmente perdono”
Emanuele Filiberto di Savoia ha inviato una lettera alla comunità ebraica per “chiedere solennemente e ufficialmente perdono” alla comunità ebraica per la firma di Vittorio Emanuele III sulle leggi razziali del fascismo. Ci sono voluti 83 anni, ricorda Simonetta Fiori che riporta in anteprima l’epocale notizia su Repubblica, per condannare quella pagina vergognosa della storia italiana. Le leggi antisemite, firmate nel 1938 da re Vittorio Emanuele III e volute da Benito Mussolini, sono “un documento inaccettabile, un’ombra indelebile per la mia famiglia, una ferita ancora aperta per l’Italia intera”, scrive il nipote di quel sovrano che ha permesso con la sua firma di eliminare gli ebrei dalla vita civile, di umiliarli, di togliere loro dignità, libertà e diritti. Da quel giorno gli ebrei non furono più cittadini come tutti gli altri.
“Vi scrivo a cuore aperto una lettera certamente non facile, una lettera che può stupirvi e che forse non vi aspettavate. Eppure sappiate che per me è molto importante e necessaria, perché reputo giunto, una volta per tutti, il momento di fare i conti con la Storia e con il passato della Famiglia che sono qui a rappresentare”. Emanuele Filiberto si dimentica, però, di sottolineare il vergognoso ritardo di queste scuse. Prima di oggi ci furono soltanto dei deboli tentativi di richiesta di perdono da parte dei Savoia. Nel 2002 Vittorio Emanuele di Savoia definì “una macchia indelebile per la nostra famiglia” quella firma della famiglia reale. “E appena cinque anni prima lo stesso figlio di Umberto II, figura assai discussa, aveva respinto bruscamente la sollecitazione alla richiesta di perdono con l’argomento che “all’epoca forse io non ero neppure nato”. E di fronte all’insistenza del giornalista s’era lasciato andare: “Ma in fondo quelle leggi non sono così terribili”. Il giorno dopo avrebbe cercato di aggiustare il tiro proclamandosi “contrario a ogni forma di razzismo e di antisemitismo”, ma il danno era fatto. E in modo forse irrimediabile”, ricorda Simonetta Fiori.
Maria José, madre di Vittorio Emanuele e moglie di Umberto, fu l’unica a esprimere fin dall’inizio il proprio disprezzo per quelle leggi. L”ultima regina” era convintamente antifascista.Emanuele Filiberto di Savoia nella sua lettera di scuse ricorda i sei milioni di ebrei morti “per mano della follia nazifascista, di cui “7.500 sono nostri fratelli italiani”. E’ “nel ricordo di quelle sacre vittime” – scrive – “che oggi voglio chiedere solennemente perdono”.
Le leggi razziali in Italia
Il 5 settembre del 1938 in Italia fu firmato il primo dei 180 decreti conosciuti come leggi razziali. La prima di queste leggi ordinava l’esclusione degli ebrei dalla scuole e fu firmata dal re Vittorio Emanuele III mentre si trovava nella sua villa in Toscana, dopo avere fatto colazione e dopo una passeggiata al mare. Le leggi razziali, promulgate dal regime fascista, sono un serie di regi decreti legge, ordinanze e circolari contro le persone di religione ebraica. Firmate da Benito Mussolini in qualità di capo del governo, le leggi razziali sono state promulgate dal re Vittorio Emanuele III. Il Duce le ha annunciate nel celebre discorso sul palco di Trieste il 18 settembre 1938 davanti al Municipio in Piazza Unità d’Italia. Le leggi razziali vennero abrogate con i regi decreti-legge numeri 25 e 26 del 20 gennaio 1944, emanati durante il Regno del Sud. A guidare il governo c’era il generale Badoglio, che dopo essere fuggito da Roma, si era trasferito a Brindisi.
Le leggi razziali
Il primo dei 180 decreti conosciuti come le leggi razziali è del 5 settembre 1938 e riguardava i “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”, dopo soli due due giorni, il 7 settembre viene emanato il secondo decreto “della vergogna” che fissava i “Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri”. Il 6 ottobre il Gran consiglio del fascismo emette la “dichiarazione sulla razza”, che viene poi adottata dallo Stato sempre con un regio decreto legge il 17 novembre 1938. Con le leggi razziali veniva anche revocata la cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1919.
Le leggi razziali sono rivolte ai cittadini di religione ebraica. La legislazione fascista era ebreo chi era nato da: genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. Sugli ebrei venne emanata una serie di leggi discriminatorie. Nel 1939 venne introdotta la figura dell’ebreo arianizzato, verso il quale le leggi razziali furono applicate con alcune deroghe e limitazioni.
I divieti introdotti dalle leggi razziali
Con le leggi razziali sono stati introdotti una serie di divieti: era vietato il matrimonio tra italiani ed ebrei, era vietato per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana, era vietato a tutte le pubbliche amministrazioni e alle società private di carattere pubblicistico (banche e assicurazioni) di avere alle proprie dipendenze ebrei. Era vietato agli ebrei stranieri trasferirsi in Italia, gli ebrei non potevano svolgere la professione di notaio e di giornalista.
Con le leggi razziali vigeva il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei nelle scuole pubbliche e alle scuole medie era vietato utilizzare come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo. Furono create scuole specifiche per ragazzi ebrei dalle comunità ebraiche. I professori di religione ebraica potevano insegnare solo in quelle scuole.
Agli ebrei arianizzati era vietato svolgere il servizio militare, esercitare il ruolo di tutore di minori, essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale, essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani al di sopra di un certo valore. Per tutti fu disposta l’annotazione dello stato di razza ebraica nei registri dello stato civile. A fuggire dall’Italia a causa delle leggi razziali ci fu un totale di oltre 300 intellettuali.