La 12enne Laura Russo uccisa dal padre, ma per il paese la “responsabilità è della madre”
Laura Russo uccisa dal padre, ma per il paese la colpevole è la madre
Laura Russo oggi avrebbe compiuto 17 anni, invece in una notte di agosto del 2014 la sua vita fu brutalmente spezzata dal padre, per ritorsione nei confronti della madre. La colpa della donna era quella di volersi allontanare da lui, di mettere un punto a quella relazione, ma lui, Roberto Russo, non lo accettava.
La vendetta dell’uomo è stata quella di uccidere nel sonno la piccola Laura, ferendo gravemente anche la sorella più grande di due anni. Il motivo per i giudici di Catania – che hanno condannato all’ergastolo Russo – era quello di “infliggere un castigo alla madre per le sofferenze che aveva dovuto subire e per aver coinvolto i figli nella loro crisi coniugale.
Cinque anni dopo, però, la memoria di Laura viene oltraggiata da una comunità che infanga la madre e tende a difendere Russo. La trasmissione Rai La vita in diretta, lo scorso 24 settembre, ha intervistato alcuni abitanti di San Giovanni La Punta, il paese in provincia di Catania in cui la tragedia si è consumata.
Giovanna Zizzo – la madre di Laura – si vede ancora additata e accusata da molti compaesani come se fosse lei la responsabile della morte della piccola. È “quasi responsabile del fatto”, hanno detto i suoi compaesani ai microfoni della trasmissione. Qualcuno ha aggiunto anche che “il padre è stato portato a farlo per colpa della moglie perché hanno avuto problemi tra di loro”.
“Ho vissuto questi cinque anni con la netta sensazione di essere una figura fastidiosa. Una alla quale magari concedono questo o quello, sì, ma solo se lo chiede. Mai che qualcuno sia venuto dirmi: cosa possiamo fare per ricordare Lauretta? Sento addosso la certezza che se me ne stessi in un angolo, in silenzio, in tanti tirerebbero un sospiro di sollievo”, ha scritto Giovanna Zizzo in una lettera pubblicata su Il Corriere della Sera.
“Quel che è peggio è che in alcuni sguardi leggo atti d’accusa: sono stata io — mi dicono quegli sguardi — ad aver armato la mano del mio ex marito, io ad essermi allontanata dopo aver scoperto che aveva un’altra, io ad avere la colpa di non aver lasciato correre…”, scrive ancora. “Ma ora so che ho sbagliato a sentirmi sbagliata. Io sono la mamma di Laura, ho lei dalla mia parte e potete pensare quello che volete. Non mi nasconderò mai più dietro un paio di occhiali”, si legge nella lettera.
A puntare i riflettori sulla situazione è anche Fondazione Pangea Onlus e Reama, rete per l’empowerment e l’auto muto aiuto per le donne che subiscono violenza e per i loro figli/e. Simona Lanzoni, vice presidente della fondazione e coordinatrice di Reama, dichiara: “A Giovanna oggi non rimane che l’amarezza di sentirsi accusata dagli sguardi di alcuni compaesani, che la scrutano con sospetto per essersi voluta allontanare dal quel nucleo familiare che non esisteva. Un paese che, a partire dall’amministrazione, non le ha mai fatto sentire calore umano e vicinanza”.
“Mentre tutta Italia chiama Giovanna per parlare di Laura, nelle scuole, nelle conferenze, a San Giovanni La Punta non c’è una targa o una stele che ricordi la bambina. Ricordarla sarebbe invece un monito per i violenti, una cicatrice doverosa e necessaria”, continua ancora Lazoni.
Poi, l’appello alle istituzioni “perché prenda posizione in primis contro questa gogna che Giovanna deve subire quotidianamente, dichiarando apertamente da che parte sta e assumendo tutte le iniziative necessarie a ricordare la storia di Laura nei modi dovuti per sensibilizzare le coscienze degli uomini e delle donne. Ma ci rivolgiamo anche alla parte buona del paese, che sappiamo essere tanta, perché prende pubblicamente le distanze da chi, ancora oggi, dimentica chi sia la vittima. A Giovanna oggi non resta altro che l’immenso dolore per una figlia che non c’è più a cui si aggiunge l’amarezza per il trattamento che deve subire”, conclude la vice presidente di Pangea Onlus.