La madre di Chiara ricostruisce le ricerche: “Ho chiamato il suo assassino, mi ha mentito”
La madre di Chiara ricostruisce le ricerche: “Ho chiamato il suo assassino, mi ha mentito”
La madre di Chiara Gualzetti, la 15enne uccisa da un coetaneo a Monteveglio, in provincia di Bologna, ha parlato al telefono con l’assassino della figlia nelle ore in cui risultava ancora scomparsa. Lo ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera, in cui ha raccontato dettagli sul giorno e mezzo passato a cercare la ragazza, uccisa a poche centinaia di metri da casa da un 16enne con cui era già uscita in precedenza, ma con cui non aveva una relazione sentimentale.
“Pensavo si fossero appartati, nascosti, magari per darsi bacetti, cose da ragazzini. Erano già usciti assieme qualche volta: un gelato, due chiacchiere sulla panchina… un filarino da adolescenti”, ha detto Giusi Fortunato, affermando di aver cercato di contattare la madre del ragazzo.
“Le ho chiesto: mi dai il numero di tuo figlio perché Chiara è uscita con lui e non torna. E lei: mio figlio è qua con me. Sono morta, appunto”, ha detto nell’intervista. “Me lo ha passato e gli ho detto: abbi pazienza: sei andato via con lei, tu sei tornato a casa e mia figlia no. Dov’è? Mi ha risposto che si doveva incontrare con uno conosciuto su internet e mi ha detto anche verso quale sentiero era andata. Bugie”, ha aggiunto. “Ma in quel momento non lo potevo sapere. Però non mi era piaciuto niente di quelle parole, di quella voce, di quel racconto. Avevo una sensazione strana…”
Il ragazzo ha ribadito anche agli inquirenti che la vittima aveva un appuntamento con un altro giovane, nonostante avesse inviato messaggi vocali a un’amica in cui riferiva quello che aveva commesso. Il 16enne, che ha poi confessato di aver commesso l’omicidio, ha dichiarato di aver sentito una “voce interiore” che gli ha detto di uccidere la ragazza e di aver agito “sulla base di una spinta superiore”. Prima dell’omicidio, avvenuto domenica 27 giugno, il ragazzo aveva visto tre volte uno psicologo e aveva fissato un appuntamento con uno neuropsichiatra.
Secondo il giudice per le indagini preliminari, che ne ha disposto la custodia in carcere per il rischio di reiterazione del reato e pericolo di fuga, l’arrestato è comunque capace di intendere e di volere.