I rider di Just Eat saranno assunti come lavoratori dipendenti: “Una scelta etica di responsabilità”
Just Eat assumerà i rider come lavoratori dipendenti: si parte da marzo
Just Eat, nota azienda che si occupa di consegne di cibo a domicilio, ha annunciato che assumerà i rider come lavoratori dipendenti.
Si tratta di una vera e propria svolta, che prenderà il via a marzo da Monza con i primi 50 rider assunti. Il numero degli assunti dovrebbe salire a mille nei due mesi successivi nelle città di Brescia, Verona, Parma e Reggio Emilia, fino ad arrivare, entro la fine del 2021, all’assunzione di tutti i rider (circa tremila) nelle 23 città dove l’azienda opera.
I contratti di lavoro, che saranno full time (40 ore a settimana), part-time o a chiamata, si basano sul cosiddetto modello “Scoober” già attivo in oltre 12 Paesi. Il compenso sarà di 9 euro l’ora a cui si aggiungeranno dei bonus legati alle consegne.
“Una scelta etica di responsabilità” l’ha definita Daniele Contini, country manager di Just Eat Italia. L’azienda ha spiegato in una nota che questa svolta permetterà ai rider “di avere tutti i vantaggi e le tutele tipiche dei lavoratori dipendenti, e condizioni di assunzione eque tra cui: un compenso orario, ferie, malattia, maternità/paternità, indennità per lavoro notturno, e festivi, coperture assicurative, dispositivi di sicurezza gratuiti in dotazione, formazione obbligatoria e tutele previdenziali”.
“L’annuncio di Just Eat dimostra che si può stare sul mercato in un modo diverso, senza cioè massacrare i ragazzi con un modello tutto flessibilità e abbassamento dei costi” ha affermato con moderata soddisfazione Cristian Sesena della Cgil.
Tuttavia, Sesena che i 7,5 euro lordi previsti dal contratto non sono tanti. “Probabilmente hanno applicato il livello più basso che hanno trovato, come quello del contratto multiservizi” aggiunge il sindacalista.
“Qui però non si tratta di pulizie, ma di consegne. E perciò andrebbe applicato il contratto della logistica che prevede un compenso orario da 12 euro lordi. In ogni caso un regolamento aziendale non basta in Italia. Dovranno agganciarsi comunque a un contratto nazionale e poi definire le forme di flessibilità nell’integrativo aziendale”.
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