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L’agghiacciante intervista all’amico di Genovese che chiama la ragazza della festa “bimba mia”

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A Mattino 5, stamattina, è andata in onda un’intervista via skype da Bali a Daniele Leali, l’amico e collaboratore di Alberto Genovese presente con lui alla ormai tristemente famosa festa sulla Terrazza Sentimento. Festa durante la quale si sarebbe consumato uno stupro ai danni di una ragazza di 18 anni mentre quest’ultima era in camera da letto con Alberto Genovese, il ricco imprenditore quarantatreenne fondatore di facile.it.

Leali se ne è andato a Bali con la fidanzata in tutta fretta poco dopo l’arresto dell’amico per misteriosi motivi di lavoro e afferma di avere intenzione di tornare in Italia a metà dicembre. Insomma, a voler esser maliziosi, se n’è scappato per vedere come si mette in Italia, ma a distanza di sicurezza e senza voler sembrare troppo uno che s’è dato alla fuga, anche perché al momento – va ricordato- non è neppure indagato (posta immagini di spiagge dal suo profilo Instagram, risponde ai giornalisti).

Non è indagato, ma non è certo l’atteggiamento tipicamente collaborativo di chi resta per essere ascoltato da chi conduce indagini così delicate. Comunque, ascoltando l’intervista, quella che emerge è una sua percezione piuttosto alterata del mondo e del concetto di “feste”, luogo in cui Leali trova normale che circolino droghe, così come trova normale che ragazzine di 18 anni vengano invitate in contesti mondani in cui si regalano sostanze stupefacenti o in cui ci siano adulti tossicodipendenti. 

“Alberto l’ho conosciuto 6 anni fa circa, poi nell’ultimo anno il rapporto di amicizia si è rafforzato”, racconta serafico Leali. “Lui ogni tanto andava oltre, gli consigliavo di esser più low profile e di non esagerare con le droghe. Al momento capiva, ma poi sotto l’effetto non si controllava”. Gli consigliava “di non esagerare con le droghe”. Un amico del resto consiglia di fare un uso moderato di droghe, mica di smettere, di disintossicarsi.

“Prima dell’arresto l’ho visto quasi tutti i giorni, era molto silenzioso. Non lo vedevo molto pesante con la testa”. Poi ha aggiunto: “Quella sera ero presente alla festa, certo. Siamo arrivati verso l’una, per il pranzo, a quell’ora saremo stati una ventina. Poi verso le 16,00 è iniziato il dj set, sono arrivati gli altri. Sono andato via credo per ultimo anche perché noi all’ingresso sequestravamo i cellulari e alla porta ne era rimasto solo uno”.

Le ragioni per cui alle loro feste venissero sequestrati dei cellulari come fossero incontri col Mossad sono abbastanza misteriose. Come minimo, chi faceva queste feste non voleva che qualcuno documentasse cosa accadeva e certo non è un bel segnale. Perché?

“Alberto quella sera l’ho visto l’ultima volta tra le 22,00 e le 23,00, c’era il bodyguard davanti alla sua camera perché in una casa con 50 persone non voleva essere disturbato”, ha specificato Leali. Quindi una semplice serratura non bastava, serviva un gorilla davanti alla porta. Bizzarro anche questo.

Ma le cose più interessanti le dice in seguito: “La ragazza l’ho vista il giorno dopo e ci ho parlato. Era in uno stato visibilmente alterato, mi ha detto che non ricordava nulla e io ho le ho detto ‘bimba mia, tu sei andata con le tue gambe in camera con una persona, io non ero dentro con te, se non ti ricordi sarà perché avete condiviso qualche eccesso insieme, vi sarete drogati!’”.

“Bimba mia”, la chiama. Col tono di chi conosce già la verità, di chi la tratta con la sufficienza che si riserva alle adulte, maggiorenni, consenzienti. Diciottenni- dunque ragazzine-  che a queste festicciole così sobrie invitava quasi sempre lo stesso Leali. Feste in cui circolava droga, il cui l’organizzatore era un suo amico ultra-quarantenne tossicodipendente che come lui stesso ammette “non si controllava” e “esagerava con le droghe”.

Leali infatti racconta: “Io facevo le liste delle persone a queste feste, c’erano barman, chef di livello, partivamo dal pranzo per finire la notte, erano feste molto belle e di qualità, conviviali, con imprenditori e amici. Nessuno obbliga nessuno a drogarsi e molte persone che frequentano questo ambiente cercano questo ambiente perché sanno che in quelle occasioni la droga è gratis, non devono pagarla, cercano consapevolmente della droga da assumere. Io non posso essere ovunque e in ogni situazione, non so in quella stanza cosa succedeva, negli spazi comuni dove ci sono e sono presente nessuno obbliga nessuno a assumere droga”.

Capito? Le famose belle feste di qualità in cui si regala la droga (nella Terrazza Sentimento, a festa finita da un giorno, sono stati trovati 70 grammi di varie sostanze, è dunque immaginabile quanti ne siano stati consumati). Ma soprattutto, perché invitare ragazze così giovani dove accadevano queste cose? E perché sequestrare i cellulari e non la droga, all’ingresso? Questo Daniele Leali parla di feste in cui gli invitati consumano droga come se le feste fossero tutte così, come se non fosse stato libero di dissociarsi, di non partecipare, di non frequentarle.

E invece le organizzava pure, le liste le faceva lui. Ma la parte meno credibile della storia, quella raccontata forse pensando di dare una mano all’amico in carcere, riguarda i rapporti tra Genovese e la ragazza che avrebbe stuprato. “Genovese era innamorato di questa ragazza, voleva anche fare una vacanza a Londra, mi aveva detto: ‘Sentitevi”. Lei era già stata sulla Terrazza tempo fa, quando l’ho invitata mi ha risposto con un messaggio in cui mi diceva che era felice di tornare”.

Tutto molto credibile. Insomma, Genovese era innamorato. Così innamorato che la faceva invitare alla festa sulla Terrazza Sentimento da un amico, l’aveva vista in tutto una volta molto tempo prima e per invitarla in vacanza diceva al suo amico di sentirla lui. Un amore tenerissimo, appassionato, bruciante. Da romanzo, quasi.

Così come fa quasi tenerezza la risposta che Leali dà alla giornalista che gli chiede come mai alcune ragazze sostengano che fosse proprio lui, il Leali, volato in tutta fretta a Bali, a portare la droga alle feste: “Non è la verità, non faccio questo di lavoro, non mi occupo di questo”. Interessante che ritenga l’acquisto e la cessione di sostanze stupefacenti “un lavoro” e non un reato.

Ed è interessante che questo tizio ultra-quarantenne pure lui, non fosse capace di lasciar fuori da contesti di tale degrado (altro che feste di qualità) ragazze appena maggiorenni. Quelle che chiama non a caso “bimbe mie”, senza neppure rendersene conto.

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