Falcone spiato, dopo l’inchiesta di TPI presentata un’interrogazione in Senato
L’inchiesta pubblicata su “The Post Internazionale” a firma di Simona Zecchi comincia a produrre le prime conseguenze. È stata infatti presentata un’interrogazione parlamentare dai senatori Elio Lannutti, Luisa Angrisani e Bianca Laura Granato, rivolta alle ministre dell’Interno Luciana Lamorgese e della Giustizia Marta Cartabia (atto n. 4-07070, pubblicato il 24 maggio 2022, nella seduta n. 436) per fare chiarezza sul documento esclusivo pubblicato da TPI a trent’anni esatti dalla strage di Capaci, con cui abbiamo provato che Giovanni Falcone era spiato da apparati dello Stato nella sua attività di magistrato. «Dopo aver letto la vostra inchiesta abbiamo deciso di produrre questa interrogazione», dice a TPI il senatore Lannutti (gruppo C.A.L.-Alternativa-P.C.-I.d.V.). «Di fronte a questa notizia mi sono tornate in mente le parole di chi negli anni ha denunciato che Falcone poteva essere salvato, parlando di massoneria, servizi segreti e apparati dello Stato». Da parte delle altre forze politiche c’è molta ipocrisia, come accade per tutte le stragi. Credo che la Commissione Antimafia, di cui faccio parte, debba indagare per capire i lati più oscuri della storia della Repubblica».
L’inchiesta pubblicata da TPI ha poi provato ad approfondire, con un articolo firmato da Simona Zecchi e da Marco Bova, i meandri profondi di quelle ragioni, tutti racchiusi nelle ragioni dell’omicidio Mattarella e nella presenza della componente Gladio, e la trasmissione andata in onda su Report lunedì 24 maggio sembra averci dato ragione. Il 1990, infatti, è l’anno in cui referenti dell’eversione politica e militare, delle istituzioni insieme ad altri apparati, Gelli in testa, si costituivano di nuovo in un progetto che vedeva affidate le isole alle mafie separandole dal resto d’Italia, con la costituzione di specifici movimenti politici collegati alla Lega. Queste vicende sono state indagate negli anni Duemila dalla procura di Palermo (inchiesta Sistemi Criminali), dove insieme a Gelli era indagato anche l’ex di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie. A quanto pare, dunque, la pista nera in queste vicende, per quanto la si voglia mettere sotto il tappeto, continua a riemergere, soprattutto se si tiene conto che tra i condannati della strage c’è anche l’artificiere Pietro Rampulla, appartenente anni prima alla organizzazione di estrema destra Ordine Nuovo.
Il documento pubblicato da TPI è un “appunto” riservato, finora inedito, con cui l’allora capo della Direzione centrale della polizia criminale (Criminalpol), l’ex prefetto Luigi Rossi, informava di suo pugno «l’Onorevole Sig. Ministro» dell’Interno – all’epoca il Dc Antonio Gava – dei contenuti di un interrogatorio, coperto da segreto istruttorio, di Giovanni Falcone al maestro venerabile della P2 Licio Gelli. L’incontro si era svolto il 7 aprile del 1990 negli uffici romani della Criminalpol e riguardava fatti cruciali degli anni precedenti: l’omicidio Mattarella, l’omicidio La Torre e la strage del Rapido 904. Una conferma che alti funzionari dello Stato, almeno in un caso, hanno spiato il lavoro di Falcone, superando i limiti della separazione dei poteri e violando il segreto istruttorio. Su quei fatti Falcone stava indagando da tempo, raccogliendo su Gelli numerose informazioni.
Le ragioni della consegna di quell’appunto a Gava restano da chiarire. Così come rimane un mistero la ragione per cui del verbale dell’interrogatorio del 7 aprile non si trovi traccia, mentre ne esiste un altro che testimonia un primo incontro, datato il 6 aprile in cui oltre a Falcone parteciparono anche i giudici Lo Forte e Pignatone (che a TPI dice di non ricordare nulla di quel giorno). È bene ricordare che la violazione di segreto istruttorio è talmente grave che rende quel documento una notizia di reato, pertanto il documento dovrebbe essere acquisito delle procure che ancora oggi si occupano di indagare su presenze esterne e mandanti esterni alle stragi.
Mentre l’inchiesta pubblicata da TPI ha trovato spazio su Il Fatto Quotidiano, Il Giornale, Dagospia, Antimafia Duemila, e in televisione Non è l’arena di Massimo Giletti (La7) le ha dedicato ampio spazio, ben pochi esponenti politici hanno commentato la scoperta, così come per il momento non l’ha fatto la sorella del giudice. «Giovanni Falcone era spiato dallo Stato Italiano nel suo lavoro di magistrato. I contenuti degli interrogatori venivano riassunti e inviati riservatamente a membri dell’esecutivo, infrangendo il principio della separazione dei poteri», ha scritto l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino in un post su Facebook in riferimento all’inchiesta di TPI. «Forse esiste una verità più articolata che ancora non conosciamo». Provare a fare chiarezza su questo mistero vuol dire anche onorare la memoria delle vittime della strage Capaci. Per questo noi di TPI continueremo a porre queste domande.
- Perché l’attività investigativa di Falcone, e in particolare il suo interrogatorio a Gelli, era tenuto sotto controllo dal ministro Gava tramite la Criminalpol?
- Perché Falcone interrogò Gelli da solo il 7 aprile, dopo averlo sentito con due colleghi il giorno precedente? E perché del secondo verbale non c’è traccia?
- Perché ben pochi esponenti politici hanno commentato la notizia, documentata e inedita?