Ilaria Cucchi: “Le foto di Stefano martoriato risveglino le coscienze”
Il geometra romano è stato arrestato esattamente dieci anni anni fa, il 15 ottobre del 2009, ed è morto dopo una settimana in ospedale
Ilaria Cucchi: “Le foto di Stefano martoriato risveglino le coscienze”
“Stefano è morto di botte, è morto di giustizia, di pregiudizi, tante persone sono responsabili della sua morte”. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, il geometra arrestato dieci anni anni fa e morto dopo una settimana in ospedale, nel giorno dell’anniversario dell’arresto fa i conti con una ferita ancora aperta.
“Quando scegliemmo di pubblicare le foto di Stefano martoriato sul tavolo dell’autopsia fu uno choc. Le foto del proprio figlio, pubblicate solo per far aprire gli occhi svegliare le coscienze ci è costato tantissimo ma è stato un simbolo”, ricorda, partecipando a un Forum Ansa. “Mi sono chiesta se una famiglia debba essere sottoposta ad una ulteriore violenza, purtroppo si è stato necessario”, ammette.
Una vicenda giudiziaria complicata quella sulla morte di Cucchi. Una vicenda da subito non chiara e che ha visto nelle aule di tribunale avvicendarsi perizie, centinaia di testimoni, decine di consulenti imputati, condanne e assoluzioni per cercare di trovare un punto fermo al decesso di un geometra di 30 anni arrestato durante un controllo antidroga.
Alcune perizie dissero che Stefano morì per “inanizione” (cioè per fame e sete), altre associarono il decesso all’ “epilessia“. La famiglia fu sempre convinta che Stefano fu picchiato, un pestaggio arrivato tra il fermo, avvenuto il 15 ottobre 2009, e l’udienza di convalida.
Sette giorni dopo il fermo Stefano muore all’ospedale Sandro Pertini, nel reparto protetto per i detenuti: è il 22 ottobre del 2009.
La vicenda giudiziaria su quella morte nasce nei giorni immediatamente successivi, dalla denuncia dei familiari: Giovanni, Rita e la sorella Ilaria Cucchi che a supporto delle loro convinzioni decidono di pubblicare le foto dell’autopsia.
Una ricerca di verità su chi e come hanno causato il decesso di Stefano arrivato al processo per direttissima con evidenti segni di violenza sul viso, difficoltà a camminare e parlare.
La svolta in quello che per i familiari è proprio “un muro di omertà” arriva nel 2018 grazie al pentimento del carabiniere Francesco Tedesco, uno dei militari dell’Arma finito sul banco degli imputati nel processo in cui si contesta anche l’omicidio preterintenzionale, che per la prima volta ha raccontato del pestaggio di Stefano accusando i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, anche loro sotto processo davanti alla corte d’Assise.
Morte di Stefano Cucchi, i depistaggi
Parallela a questa svolta processuale viaggia l’inchiesta, sempre condotta dal pm Giovanni Musarò, relativa alla catena di falsi e depistaggi compiuti tra il 2009 e il 2015 e che coinvolge otto militari dell’Arma, tra cui anche alti ufficiali.
“I depistaggi, che tanto sono costati alla nostra famiglia, sono iniziati subito dopo che con il primo comunicato Gonnella e Manconi diedero la notizia della sua morte”, ricorda Ilaria Cucchi.
E aggiunge: “Cosa devo chiedere oggi ai carabinieri imputati? Niente. Solo rispetto per Stefano e per tutti i loro colleghi onesti che ogni giorno svolgono un lavoro onesto e non devono essere accostati a persone del genere”.
“Una sentenza in simili processi rappresenta un monito, un segnale, ai cittadini che devono continuare ad avere fiducia nelle istituzioni”, ha detto Ilaria Cucchi al Forum Ansa.
“Vorrei che Stefano fosse ricordato come un simbolo, per ricordare tutti gli Stefano Cucchi. Di indifferenza muoiono gli ultimi, per dare voce e speranza a chi non ha strumenti per fare le battaglie che servono. Per dare voce agli ultimi ecco come vorrei che mio fratello fosse ricordato”, ha concluso la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi.