“Mia figlia respinta dal locale di Ibiza perché napoletana”
La denuncia di un padre su Facebook: “I buttafuori, una volta controllati i documenti, hanno detto che loro non accettavano persone della provincia di Napoli nel loro locale"
Salvatore Ferraro, padre di Somma Vesuviana, ha denunciato sui social una vicenda che ha avuto come protagonista la figlia Alessia Ylenia che, in vacanza a Ibiza, sarebbe stata tenuta fuori da un locale perché “nata e residente a Napoli”. “I buttafuori, una volta controllati i documenti, hanno detto che loro non accettavano persone della provincia di Napoli nel loro locale”, ha scritto il padre sul suo profilo Facebook. Mia figlia e gli altri amici sono andati via addolorati e mortificati e, tra l’altro, tra i cori di scherno di alcuni ragazzi milanesi che erano lì e che li hanno dileggiati. Tale comportamento è inammissibile e razzista ed è da stigmatizzare specialmente in quanto avvenuto in una struttura così nota a livello mondiale”.
Il giorno successivo la figlia Alessia ha corretto un po’ il tiro dicendo che il party era “dedicato esclusivamente ai residenti e alle persone che lavorano a Ibiza, vietandoci l’ingresso”, confermando comunque l’atteggiamento razzista dei buttafuori e di altri ragazzi presenti in coda. Interpellati da TPI, i gestori del locale non hanno voluto rilasciare dichiarazioni.
Ovviamente si è alzata la buriana, la solita, tra chi si è giustamente indignato e chi invece ha sottolineato come i napoletani non siano ben accetti per validi motivi. La solita guerra tra poveri che qui da noi si è spostata nel corso degli anni prima sui terroni, poi sugli albanesi e infine sui neri. Un atteggiamento che comunque negli ultimi mesi si è acutizzato con rivoli preoccupanti e con atteggiamenti che sono sfociati in vera e propria violenza.
La storia raccontata da Alessia e il padre però è particolarmente significativa perché racconta, come se ce ne fosse ancora bisogno, che nel dividere il mondo tra “noi” e “loro” si finisce sempre per essere i terroni di qualcuno, gli indesiderati che hanno il dovere di ingoiare il razzismo degli altri: alla fine, prima o poi, tocca anche a noi bere gli schizzi del torbido liquame che alimentiamo.
Accade a una ragazza napoletana a Ibiza ma accade anche a molti lavoratori italiani in giro per il mondo, quelli che provano sulla propria pelle il rischio di intaccare i diritti e di ritrovarsi a farne i conti. Non accadrà per sempre che noi saremo dalla parte giusta del mondo e ci toccherà quindi fare i conti con la stessa bile che abbiamo, più o meno consapevolmente, contribuito a versare. Per questo il fascismo si cura leggendo e il razzismo si cura viaggiando: basta un episodio, anche piccolo come in questo caso, per chiarirci come il mondo sia una realtà molto più vasta e più complessa di quella che viene stritolata nei caratteri brevi di uno slogan per fare un po’ di propaganda. È che ci vorrebbe anche l’intelligenza di capirlo.