È morto Giuseppe Turani, il giornalista economico aveva 79 anni
È morto all’età di 79 anni il giornalista Giuseppe Turani. Conosciuto da tutti come Peppino, pioniere del giornalismo economico italiano, noto anche per il libro “Razza padrona. Storia della borghesia di stato”, scritto con Eugenio Scalfari (Feltrinelli, 1974), Turani è morto nella notte fra il 6 e 7 gennaio per una complicanza post operatoria all’ospedale di Stradella, in provincia di Pavia. A darne notizia i familiari. Il funerale si svolgerà in forma privata.
Nato a Voghera (Pavia) il 29 aprile 1941 e laureato in economia alla Facoltà di economia e commercio dell’Università Bocconi a Milano, attualmente Turani dirigeva la rivista mensile “Uomini&Business”. Per lungo tempo tra i maggiori esperti di problemi economici, è stato collaboratore di vari quotidiani (“La Repubblica”, “Corriere della sera”) e periodici (“L’Espresso”, “Il Mondo”, “L’Europeo”).
Ha inoltre accompagnato l’attività giornalistica a una vasta opera di divulgazione con oltre una trentina di libri, tra cui alcuni bestseller come “Montedison il grande saccheggio”, “Padroni senza cuore”, “I signori della Borsa” o “I soldi degli altri”.
Nel 1970 Turani entra nella redazione del settimanale “L’Espresso”, occupandosi della sezione Economia e Finanza e diventandone caposervizio e poi vicedirettore, firmando alcune importanti inchieste sui grandi protagonisti del capitalismo privato italiano e sul malfunzionamento delle Partecipazioni statali. Nel 1976 passa a Repubblica chiamato da Scalfari, dove è responsabile della sezione economica e nello stesso periodo cura le pubblicazioni della casa editrice Edizioni di Comunità.
Negli anni ’80 diventa curatore e editorialista di alcuni programmi della Rai dedicati a temi economici e finanziari. Poi ancora assume la guida della redazione di Milano de “La Repubblica”. A fine 1989 lascia “La Repubblica” e dal 1990 al 1992 è editorialista del “Corriere della Sera”, del mensile “Capital” e dei settimanali “L’Europeo” e “Il Mondo”.
Nel 1993 torna a scrivere come opinionista ed editorialista de “La Repubblica”, riprendendo la direzione del settimanale “Affari & Finanza”. Nel 1994 è coinvolto nel cosiddette ‘Penne Pulite’, con l’accusa di essere stato pagato dal gruppo Ferruzzi e dalla finanziaria milanese Ifm: il procedimento penale per tutte le accuse contro di lui viene archiviato l’anno seguente con la motivazione che l’accusa infondata fosse basata su dichiarazioni “del tutto generiche e prive di ogni riscontro”. Tornato a dirigere dal 2001 al 2007 “Affari & Finanza”, termina la collaboratore con “La Repubblica” nel 2011 e si cimenta con l’ultima avventura della direzione della rivista economica “Uomini & Business”.