Giulio Regeni, rinviati a giudizio quattro agenti segreti egiziani per l’omicidio del ricercatore
Il Gup di Roma ha accolto la richiesta della Procura, il 14 ottobre la prima udienza. Le accuse vanno dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate
Sarà celebrato davanti alla corte d’assise di Roma il processo sulla morte di Giulio Regeni, il 28enne ricercatore di origine friulana sequestrato il 25 gennaio del 2016 al Cairo e poi trovato senza vita, dopo nove giorni di torture, il 3 febbraio lungo la strada che collega la capitale ad Alessandria d’Egitto. Lo ha deciso il gup Pierluigi Balestrieri che, accogliendo le richieste della procura, ha rinviato a giudizio quattro 007 egiziani. La prima udienza è prevista il 14 ottobre.
Chi sono i quattro 007 egiziani
I quattro membri dei servizi segreti egiziani rinviati a giudizio per aver sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni sono il generale egiziano Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Gli uomini sono accusati di sequestro di persona, Sharif anche di lesioni e concorso nell’omicidio di Regeni. La decisione del gup arriva dopo il respingimento dell’eccezione presentata dalle difese, sull’irreperibilità e la mancata notifica agli imputati, dei quali le autorità egiziane non hanno mai fornito gli indirizzi utili a dare notizia degli atti del processo.
Le accuse
Secondo le accuse i quattro indagati, insieme ad altre persone mai identificate, hanno “osservato e controllato, direttamente e indirettamente, dall’autunno 2015 alla sera del 25 gennaio 2016, Giulio Regeni”, si legge negli atti. Il ricercatore italiano è stato bloccato “all’interno della metropolitana de Il Cairo”, è stato “condotto contro la sua volontà e al di fuori da ogni attività istituzionale, dapprima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Logaugly”, hanno ricostruito gli inquirenti italiani. Così Magdi Ibrahim Abdelal Sharif “per motivi abietti e futili e abusando dei loro poteri, con crudeltà, cagionava a Giulio Regeni lesioni che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 40 giorni nonché comportato l’indebolimento e la perdita permanente di più organi, seviziandolo con acute sofferenze fisiche, in più occasioni e a distanzia più giorni”.
Sharif è accusato anche di omicidio: “Mediante una violenta azione contusiva, esercitata su vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava lesioni imponenti di natura traumatica a Giulio Regeni da cui conseguiva un’insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava alla morte”.
I genitori di Giulio Regeni: “Sono stati violati tutti i diritti umani, non quello alla verità”
All’udienza hanno assistito anche i genitori di Giulio, i signori Paola Deffendi e Claudio Regeni. “Paola e Claudio dicono spesso che su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani, da oggi abbiamo la fondata speranza che almeno il diritto alla verità non verrà violato. Ci abbiamo messo 64 mesi. Ma è un buon traguardo e un buon punto di partenza”, ha dichiarato l’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, al termine dell’udienza preliminare chiusasi con il rinvio a giudizio dei quattro 007 egiziani.
Procura: “Ora testi egiziani vengano in aula a riferire”
Il pm Sergio Colaiocco nel sollecitare il rinvio a giudizio degli agenti della National Security, secondo quanto si apprende, ha sottolineato come si apra ora una nuova sfida che il processo comporterà e cioè quella di ottenere che tutti i testimoni, soprattutto quelli egiziani, vengano a riferire di nuovo davanti alla corte d’assise quanto hanno già detto nel corso delle indagini.
Un fatto non scontato soprattutto considerati gli attuali rapporti con la procura generale del Cairo dopo che quest’ultima, nel comunicato congiunto dello scorso novembre in cui manifestava “rispetto” per le indagini italiane, ha reso pubblico un mese dopo un suo provvedimento nel quale “escludeva che i sospetti nei confronti degli indagati fossero fondati” e sosteneva come la procura italiana avesse “occultato le prove che potevano essere utili all’indagini egiziane”. Sarà quindi una nuova sfida quella di arrivare ad una sentenza di colpevolezza se non si riuscirà a far arrivare i testimoni in Italia. Ma, come sottolineano da piazzale Clodio, nel corso delle indagini “è divenuto possibile l’impossibile”, ed anche nella fase dibattimentale si lavorerà affinché l’impossibile accada di nuovo.