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Giulio Regeni, i pm di Roma in commissione d’inchiesta: “Torturato per una settimana, poi 4 tentativi di depistaggio”

Immagine di copertina

Al via i lavori della commissione d'inchiesta della Camera sulla morte di Giulio Regeni. Il presidente Palazzotto ha sentito il pm di Roma, Sergio Colaiocco, e il procuratore Michele Prestipino, che hanno raccontato lo stato delle indagini

Giulio Regeni, i pm di Roma in commissione d’inchiesta: “Torturato per una settimana”

È iniziato ufficialmente il lavoro della commissione d’inchiesta della Camera dei deputati sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito in Egitto il 25 gennaio 2016 e ritrovato morto dopo il 3 febbraio: stamattina, martedì 17 dicembre 2019, nella prima udienza è stato ascoltato il pm di Roma Sergio Colaiocco, accompagnato dal procuratore facente funzioni Michele Prestipino.

“Intorno a Giulio Regeni – ha raccontato Colaiocco – è stata stretta una ragnatela dalla National security egiziana già dall’ottobre prima del rapimento e omicidio. Una ragnatela in cui gli apparati si sono serviti delle persone più vicine a Giulio al Cairo, tra cui il suo coinquilino avvocato, il sindacalista degli ambulanti e Noura Whaby, la sua amica che lo aiutava nelle traduzioni. Una ragnatela che si è stretta sempre di più è in cui Giulio è finito al centro”.

L’autopsia sul corpo di Giulio Regeni

I pm hanno fornito anche alcuni dettagli sull’autopsia cui è stato sottoposto il cadavere di Regeni dopo il ritrovamento.

“L’autopsia eseguita in Italia – ha spiegato Colaiocco – ha dimostrato che le torture sono avvenute a più riprese, tra il 25 e il 31 gennaio. L’esame della salma depone per una violenta azione su varie parti del corpo”.

I medici legali, infatti, secondo quanto raccontato oggi in commissione d’inchiesta “hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Giulio è morto, presumibilmente il 1 febbraio, per la rottura dell’osso del collo”.

I depistaggi

Colaiocco ha parlato di quattro tentativi di depistaggio delle indagini sul caso Regeni da parte degli apparati egiziani. “Nell’immediatezza dei fatti sono stati fabbricati dei falsi per depistare le indagini – ha raccontato – in primis, l’autopsia svolta al Cairo che fa ritenere il decesso legato a traumi compatibili con un incidente stradale”.

Altro depistaggio – ha aggiunto – è stato quello di collegare la morte di Giulio a un movente sessuale: Regeni viene fatto ritrovare nudo”.

E ancora: “Alla vigilia della nostra trasferta del 14 marzo del 2016, due giorni prima, un ingegnere parla alla tv egiziana raccontando di avere visto Regeni litigare con una persona straniera non lontano dal consolato italiano e fissa alle 17 del 24 gennaio l’evento. E’ tuttavia emerso che il racconto è falso e ciò è dimostrato dal traffico telefonico dell’ingegnere che lo colloca a chilometri di distanza dal nostro consolato sia dal fatto che Giulio a quell’ora stava guardando un film su internet a casa”.

“Il soggetto che ha messo in atto il terzo tentativo di depistaggio – ha detto ancora Colaiocco – ha ammesso di avere ricevuto quelle istruzioni da un ufficiale della Sicurezza nazionale che faceva parte, tra l’altro, del team investigativo congiunto italo egiziano. Un depistaggio voluto per tutelare – ha raccontato l’ingegnere – l’immagine dell’Egitto e incolpare stranieri per la morte di Regeni. Su questo episodio non ci risulta che la Procura del Cairo abbia mai incriminato nessuno”

Il quarto tentativo di depistaggio, invece, secondo il pm di Roma “è legato all’uccisione di cinque soggetti appartenenti a una banda criminale morti nel corso di uno scontro a fuoco. Per gli inquirenti egiziani erano stati loro gli autori dell’omicidio”.

Le parole di Prestipino

“C’è una difficoltà nel coordinare la nostra attività giudiziaria con l’iniziativa giudiziaria dell’Egitto – ha spiegato invece Michele Prestipino – anche perché tra i due Paesi non ci sono accordi di cooperazione giudiziaria. Nonostante tutte queste difficoltà, posso affermare che abbiamo raggiunto fin qui risultati estremamente positivi. Siamo riusciti grazie alla straordinaria capacità dei nostri reparti investigativi, Sco e Ros, a ricostruire il perimetro di quanto accaduto in quel lasso temporale”.

Il procuratore ha infatti spiegato che l’Italia è riuscita “a ricostruire il contesto dell’omicidio, i giorni precedenti al sequestro, l’attività degli apparati egiziani nei confronti di Giulio culminata col sequestro, riuscendo a sgomberare il campo da ipotesi fantasiose sul sequestro, dall’attività spionistica alla rapina. Ipotesi messe definitivamente da parte. Abbiamo individuato soggetti indiziati che per questo sono stati iscritti nel registro degli indagati”.

Le parole della famiglia Regeni

In giornata è arrivato anche un commento dai genitori di Giulio Regeni, che hanno ringraziato gli inquirenti per il loro lavoro di questi anni.

“Oggi per la prima volta – hanno scritto i genitori di Giulio in una nota – i nostri procuratori hanno potuto rendere pubblici gli sforzi e i risultati del loro lavoro e da oggi chiunque in Egitto e in Italia sa che la nostra fiducia in loro è ben riposta. Il loro e il nostro lavoro di indagine va sostenuto con decisione e onestà dalla nostra politica e da qualsiasi istituzione europea che si professi democratica. Pretendere, senza ulteriori dilazioni né distrazioni, verità per Giulio e per tutti noi è un dovere e un diritto inderogabile. Confidiamo che la commissione d’inchiesta sappia sostenere con umiltà, rispetto e intelligenza il lavoro della nostra magistratura e della nostra legale”.

La soddisfazione del presidente della commissione, Palazzotto

Alla fine dell’udienza di Colaiocco e Prestipino in commissione d’inchiesta, il presidente Erasmo Palazzotto ha assicurato che sul caso di Giulio Regeni l’Italia non farà “sconti a nessuno” e che andrà “fino in fondo” all’inchiesta. “Oggi – ha aggiunto Palazzotto – abbiamo iniziato i lavori della commissione e abbiamo scelto di farlo con l’audizione della procura di Roma, riconoscendo il prezioso lavoro fatto in questi anni per farci dare un quadro ricostruttivo della vicenda e soprattutto per instaurare un rapporto di leale collaborazione istituzionale a cui sarà improntato tutto il nostro lavoro. Utilizzeremo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, sia quelli tecnico-giuridici che quelli dati dal piano delle relazioni politiche e diplomatiche che un organo parlamentare può utilizzare. È nostro obiettivo contribuire in modo determinante alla ricerca della verità”.

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