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Giorgio Ambrosoli, chi era l’avvocato “eroe borghese” assassinato da un sicario di Michele Sindona

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Giorgio Ambrosoli, chi era l’avvocato “eroe borghese”

Questa sera, mercoledì 18 dicembre, in prima serata su Rai 1 va in onda Giorgio Ambrosoli – Il prezzo del coraggio, docu-fiction che ricorda l’avvocato “eroe borghese” commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, a quarant’anni dal suo assassinio.

L’omicidio Ambrosoli, infatti, avvenne l’11 luglio del 1979 e fu commissionato dallo stesso banchiere siciliano.

Ma chi era Giorgio Ambrosoli? Qual è la storia di quest’uomo coraggioso ed eccezionale?

Chi era l’avvocato “eroe borghese”

Giorgio Ambrosoli è nato il 17 ottobre 1933 a Milano e la sua era una famiglia molto cattolica e conservatrice, composta dall’avvocato Riccardo Ambrosoli e Piera Agostoni.

Dopo aver frequentato il Liceo classico e aver militato tra le file dell’Unione Monarchica Italiana, si è iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano. Divenuto avvocato, Ambrosoli ha iniziato la sua attività professionale nello studio dell’avvocato Cetti Serbelloni e nel 1962 si è sposato con Anna Lorenza Gorla.

È nel 1964 che l’avvocato si specializza nel settore fallimentare delle liquidazioni coatte amministrative e viene chiamato a collaborare con i commissari liquidatori della Società Finanziaria Italiana.

Così, nel settembre 1974, viene nominato dall’allora governatore della Banca d’Italia Guido Carli commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, la quale è stata guidata sull’orlo del crack finanziario dal banchiere siciliano Michele Sindona. Il suo è un compito difficile e pericoloso: esaminare la situazione economica dell’istituto di credito, prodotta dall’intricato intreccio tra la politica, l’alta finanza, la massoneria e la criminalità organizzata siciliana.

Come commissario Ambrosoli assume la direzione della banca e si trova ad esaminare tutta la trama delle articolatissime operazioni che il finanziere siciliano aveva intessuto. Da subito, infatti, emergono le gravi irregolarità della banca e le diverse falsità nelle scritturazioni contabili, oltre alle rivelazioni dei tradimenti e delle connivenze di ufficiali pubblici con il mondo opaco della finanza di Sindona.

Nel frattempo Ambrosoli comincia a subire pressioni e tentativi di corruzione, le quali mirano sostanzialmente a ottenere un avallamento dei documenti comprovanti la buona fede di Sindona. Se fosse passata questa “versione” lo Stato Italiano, per mezzo della Banca d’Italia, avrebbe dovuto sanare i debiti dell’istituto di credito e Sindona avrebbe evitato ogni coinvolgimento penale e civile.

Ma Ambrosoli è incorruttibile e non si lascia prevaricare, appoggiato nella sua indagine sui loschi affari del banchiere siciliano solo dal politico Ugo La Malfa e protetto dal maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre, la sua guardia del corpo.

Nonostante le ripetute minacce di morte ricevute, infatti, ad Ambrosoli non è stata mai accordata alcuna protezione da parte dello Stato. E nonostante questo, in un clima di tensione e di pressioni anche politiche molto forti, l’avvocato è riuscito a concludere la sua inchiesta.

La dichiarazione formale doveva essere sottoscritta da lui stesso il 12 luglio 1979 ma il giorno prima, la sera dell’11 luglio, Ambrosoli viene avvicinato da uno sconosciuto sotto il suo portone di casa e questi, dopo essersi scusato, gli ha sparato quattro colpi da una 357 Magnum.

Autore dell’omicidio il malavitoso statunitense William Joseph Aricò. Il giorno dei suoi funerali nessuna autorità pubblica ha presenziato, ad eccezione del governatore Paolo Baffi.

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