Giada Zanola, l’autopsia rivela: la 34enne era ancora viva quando il suo ex compagno l’ha lanciata dal cavalcavia
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Giada Zanola era ancora viva quando il suo ex compagno Andrea Favero l’ha gettata dal cavalcavia di Vigonza, in provincia di Padova, sull’autostrada A4. Lo ha stabilito l’autopsia svolta dal professor Claudio Terranova, su richiesta del sostituto procuratore di Padova Giorgio Falcone.
L’esame non ha evidenziato segni di strangolamento né ferite di arma da taglio sul corpo della 34enne, anche se non si esclude che Favero – arrestato per omicidio volontario – l’abbia tramortita per riuscire a sollevarla e a spingerla oltre la ringhiera del ponte, che in quel punto misura circa due metri.
Il femminicidio è avvenuto all’alba di mercoledì 29 maggio. Lanciata dal cavalcavia, Zanola ha fatto un volo di circa 15 metri: alcune automobili sono riuscite a evitare il corpo, che poi è stato travolto da un camion.
Negli ultimi tempi la coppia litigava di frequente: la donna stava iniziando una nuova relazione con un altro uomo e Favero viveva ormai “da separato in casa”. L’uomo, 39 anni, ha confessato agli inquirenti di essere ossessionato dal rischio che Giada non gli lasciasse più vedere il loro figlio di 3 anni.
Secondo le testimonianze rese da alcune amiche della vittima, la 34enne temeva che l’ormai ex compagno pubblicasse in rete dei video intimi allo scopo di ricattarla. La donna avrebbe anche espresso il timore di essere avvelenata o drogata dall’uomo a sua insaputa. Una circostanza che potrebbe essere chiarita dagli esami tossicologici sui campioni prelevati nel corso dell’autopsia, per il cui esito sarà necessario attendere circa 30 giorni.
Zanola aveva confidato alle amiche anche di aver subito violenze fisiche da Favero. Due giorni prima di essere uccisa, lui l’avrebbe “afferrata per il collo” provocandole delle ecchimosi.
Tra gli accertamenti in programma c’è una consulenza tecnico-informatica sul cellulare dell’uomo, mentre il telefonino della donna non è stato ancora ritrovato.
Recluso da giovedì bel carcere Due Palazzi di Padova, Favero – che avrebbe fatto in precedenza alcune ammissioni agli investigatori – durante l’interrogatorio di garanzia ha fatto scena muta né ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee.