Funivia Stresa-Mottarone: i tre arrestati hanno ammesso. La pm: “Freno manomesso consapevolmente”
Tra le persone arrestate anche Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l'impianto
Tre persone sono state arrestate nella notte per la tragedia della funivia Stresa-Mottarone, dopo una serie di interrogatori serrati sul crollo della cabina della funivia in cui sono morte 14 persone, tra cui due bambini. Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini. A disporre gli arresti è stato il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera coordina le indagini dei carabinieri.
I tre hanno “ammesso” che il freno non è stato attivato volontariamente, come ha dichiarato il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani. “Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso”, dice l’ufficiale dell’Arma ai microfoni di Buongiorno Regione, su Rai3. “C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”.
Il sistema d’emergenza dei freni manomesso. Pm: “gesto consapevole”
L’analisi dei reperti ha permesso di accertare che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso“. Un “gesto materialmente consapevole“, per “evitare disservizi e blocchi della funivia”, che da quando aveva ripreso servizio, presentava “anomalie”. La cosiddetta “forchetta“, il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainante, sarebbe stata volutamente inserita per evitare di dover fermare l’impianto nella giornata di domenica, in cui era previsto un buon afflusso di turisti. Il giorno precedente all’incidente, sabato 22 maggio, c’era già stato un blocco. “Da quanto ci è stato riferito”, aveva detto ieri la pm Bossi, “sabato pomeriggio la funivia si è fermata e c’è stato un intervento per rimetterla in funzione”.
Come riporta l’agenzia Ansa citando la procuratrice Olimpia Bossi, la funivia del Mottarone “era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi”. Degli interventi tecnici, per rimediare ai disservizi, erano stati “richiesti ed effettuati”, uno il 3 maggio, ma “non erano stati risolutivi e si è pensato di rimediare”. Così, “nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale“, sottolinea il magistrato, che parla di “uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti”.
Gli interrogatori di ieri a dipendenti e tecnici dell’impianto sono durati oltre 12 ore. Nei confronti dei tre fermati, per i quali la procura di Verbania chiederà nelle prossime ore la convalida del fermo e la misura cautelare, è stato raccolto quello che il procuratore Olimpia Bossi definisce “un quadro fortemente indiziario“, ma si valuteranno “eventuali posizioni di altre persone”, che avevano, “dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni”, e che non lo hanno fatto, secondo gli investigatori. “Si è tutto accelerato nel corso del pomeriggio e di questa notte”, ha detto Bossi lasciando la caserma. “Nelle prossime ore cercheremo di verificare, con riscontri di carattere più specifico, quello che ci è stato riferito”.
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