“Due anni di terrore e minacce dai fratelli Bianchi”: le testimonianze da Artena e Colleferro
“Quando arrivavano nei pub, facevano spostare le auto per parcheggiare il loro Suv”. Nove denunce, 2 processi in corso e diverse istruttorie aperte in procura. I fratelli Bianchi "minacciano" il territorio a ridosso dei Castelli Romani da quasi due anni
I fratelli Bianchi
Nove denunce, due processi in corso e diverse istruttorie aperte in procura. I fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, arrestati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, “minacciano” il territorio a ridosso dei Castelli Romani da quasi due anni. Tra risse, spaccio e disprezzo delle regole i “gemelli di Artena”, così soprannominati nel loro paese di origine, sono conosciuti nella zona per le loro “scorribande”. Stando ai racconti della gente del posto raccolti da Repubblica, i Bianchi “picchiano e poi ti ordinano di tenere la bocca chiusa”. “Altrimenti la prossima volta è peggio”.
Anche un giovane giocatore di baseball di Colleferro, che racconta di essere stato picchiato da uno dei due Bianchi, dice di non avere avuto il coraggio di denunciare la violenza subita ai Carabinieri. “Questi sono come i Casamonica“, dice, “Sanno dove abito…”.
“Sono venuti, hanno fatto casino, hanno ruttato e sono ripartiti, sgommando col Suv. Come cani che hanno appena pisciato su un territorio“, racconta Stefano Sorci, gestore del pub “Macellerie Sociali” a Giulianello, vicino Artena.
La prima rissa di Marco Bianchi, 25 anni, risale al 5 maggio del 2018. Si tratta di un pestaggio davanti a un pub di Velletri, nel quale sono coinvolte sei persone. Tutti arrestati. “Litigio scoppiato per futili motivi”, è la motivazione del Gip che li scarcera dopo qualche ora. Marco Bianchi, dopo quel fatto, colleziona altre due denunce per lesioni. Una per spaccio di droghe pesanti e una per violazione amministrativa. Girava per strada in pieno lockdown senza una motivazione plausibile. Il fratello Gabriele, invece, 24 anni, ha quattro precedenti giudiziari. Minacce, lesioni, stupefacenti e anche porto abusivo di “oggetto atto ad offendere”.