Troppe foto dei figli minorenni sui social, l’allarme dei pediatri: “Alimenta rischio pedopornografia”
Prende il nome di “sharenting”, dall’unione dei termini inglesi “share” (“condividere”) e “parenting” (“essere genitori”), la pratica di postare sui social fotografie dei propri figli fin da quando nascono. O anche da prima. “Il 14% delle madri condivide su Internet l’ecografia del pancione”, racconta Pietro Ferrara, pediatra al Campus Biomedico a Roma e responsabile del gruppo sui diritti del bambino della Sip, Società italiana di pediatria.
“Entro il secondo compleanno – aggiunge – il 70% dei genitori ha raccontato al web i progressi del figlio”. La piega negativa, figlia dei tempi e dell’impellente necessità di condividere tutto sui propri account, ha spinto i pediatri europei a pubblicare un articolo specifico sul Journal of Pediatrics. “Non c’è nulla di male se i bambini non sono riconoscibili” si legge. “Ed è positivo mostrare i traguardi raggiunti”. Ma in media quando un bambino ha compiuto 5 anni, online ci sono circa mille foto che lo ritraggono. Scatti che vengono pubblicati principalmente su Facebook (54% delle foto), Instagram (16%) e Twitter (12%). “Non stiamo parlando di condividere dei ricordi con i nonni o di farle circolare in gruppi ristretti di persone conosciute – spiega Ferrara – ma di pubblicarle su siti dove le regole della privacy sono incerte e dove possono essere copiate da chiunque. Alcune immagini sono diffuse sui social dagli adulti allo scopo di ottenere like o addirittura per pubblicizzare delle marche”.
Un fenomeno che però rischia di incitare reati come furti di identità digitale o pedopornografia. Tra le regole che la Sip dà ai genitori c’è quella di “non condividere immagini dei propri figli in qualsiasi stato di nudità”. In Italia la Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, ha chiesto che alla pratica siano applicabili le norme sul cyberbullismo, che consentono ai minorenni di chiedere la rimozione delle foto postate senza il loro consenso. In Francia si discute su un progetto di legge che bandisca la pratica punendo i colpevoli con il ritiro della potestà genitoriale, mentre nel 2020 in Svezia un sondaggio dell’Università di Uppsala ha chiesto a bambini e ragazzini tra i 4 e i 15 anni se fossero contenti di essere fotografati ed esposti sui social: quasi all’unanimità la risposta è stata “no”.