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Come nasce un focolaio al ristorante: il caso di Savona (in due tavoli diversi)

Immagine di copertina
Best Sushi a Savona Credits: sito web

Il Best Sushi a Savona lo conoscono tutti, o quasi. E’ un all you can eat con 200 coperti in Corso Vittorio Veneto ed è aperto dal 2017. Più di un milione di fatturato l’anno di media, aveva chiuso per il Covid prima ancora delle disposizioni regionali: il 23 febbraio. Il 5 giugno, il ventottenne proprietario del locale, Chen, aveva riaperto con tutte le precauzioni: distanziamento dei tavoli, misurazione della febbre, dispositivi per il personale. Eppure qualcosa è andato storto. I giornali hanno parlato di “nuovo cluster partito da Best Sushi l’8 luglio” e in effetti è così: 17 contagiati accertati (tra cui il pallanuotista della nazionale Matteo Aicardi che aveva pranzato lì), centinaia di tamponi fatti a clienti, persone entrate in contatto con clienti e dipendenti, una mappatura certosina e moltissime persone in isolamento domiciliare. Ma come è stato possibile? Cosa è successo al Best Sushi?

Cerchiamo di ricostruire l’accaduto con Chen, il proprietario, che spiega subito “il bollettino” di quell’8 luglio: 4 clienti ammalati, più un cameriere, uno chef e una persona alla cassa. Il resto dei contagiati scoperti dopo sono clienti successivi all’8 luglio o loro contatti esterni. Chiedo intanto quanti siano stati i tavoli coinvolti quel giorno maledetto. “Due tavoli vicini, sebbene a un metro di distanza come prevede la legge. Uno era da 9 persone e uno da 4, a destra del ristorante. Il tavolo 9 era all’angolo tra l’altro, di fianco non c’era nessuno, quello da 4 era una sorta di divano”. 

In quanti si sono ammalati nei due tavoli?
Una persona in quello da 9, il nuotatore, e tre nell’altro tavolo da 4.
E del personale?
Uno chef, un cameriere e la persona alla cassa.
Il cameriere che si è ammalato serviva quell’ala destra del ristorante?
Sì, lui era addetto a quella parte della sala, noi siamo molto grandi, qui lavorano 24 persone e facciamo anche 200 coperti. Lui è anche volontario della Crocerossa, è un sudafricano molto bravo”.

Il personale stava tutto bene?
Sì, nessuno aveva sintomi. Finché non ci ha chiamati la Asl per noi andava tutto bene.
E quindi, cercando di ricostruire la catena del contagio, da chi sarebbe partito il tutto?Lo dirà la Asl, ma andando a logica, la mia idea è che la persona ammalata fosse l’infermiera dell’ospedale San Paolo al tavolo da 4 che è venuta a cena l’8 luglio. Nel suo tavolo si sono ammalate altre due persone.
Poi il cameriere avrebbe preso piatti e bicchieri dell’infermiera per sparecchiare…
Sì, ha anche pulito il tavolo e le sedie, e si è contagiato. Poi il cuoco, forse, ma lui i piatti li mette subito nella lavastoviglie. Magari il cameriere ha attaccato il Covid a chi stava la cassa e chi stava alla cassa al cuoco, questo è più difficile da capire. 

L’unica certezza che è partito tutto da quel lato della sala. E il ragazzo dell’altro tavolo, il nuotatore?
Credo lo abbia preso dal cameriere. O mentre pagava il conto.
Vi immaginavate che potesse succedere una cosa simile?
Dal primo giorno in cui abbiamo riaperto abbiamo capito tutto, ovvero che per quante precauzioni puoi usare tutto può succedere.
In che senso?
Perché finché il mondo non guarisce siamo sempre sul filo. Hanno fatto il tampone a 450 persone ieri che hanno mangiato da noi e sono positive 10 o qualcuno di più, ma il Covid potrebbero averlo preso ovunque. Qui a Savona è tutto riaperto a partire dalle spiagge, da me sono passate 2800 persone in due settimane. Ogni giorno ho almeno 250 clienti.

Eravate aperti da poco.
Dal 5 giugno. Avevamo chiuso il 23 febbario, prima del resto della Liguria, ci aveva spaventati il caso dell’hotel di Alassio con i contagiati arrivati da Milano.
Ora la situazione qual è?
Dovrà avvenire la sanificazione del locale da parte della Asl, nel frattempo io e tutti i dipendenti siamo in isolamento, dopo la quarantena faremo i tamponi. Se saremo negativi riapriremo. Ma ad agosto sarà peggio, ci sarà tantissima gente. La paura è che possa succedere di nuovo e che inizi tutto daccapo.
Che precauzioni usavate nel ristorante?
Tavoli distanti 1 metro, guanti, mascherine cambiate tre volte al giorno per tutti i dipendenti. Misuriamo la temperatura, l’avevamo misurata anche all’infermiera e non aveva la febbre. Bisognerebbe usare le mascherine FFP3 ma costano troppo per poterle dare a 24 dipendenti ed è anche difficile reperirle.

Lei è dispiaciuto, immagino.
Certo, ma è capitato anche a un altro ristorante qui. Per fortuna stiamo tutti bene, nessuno dei contagiati pare stia male. Stiamo facendo un nuovo lockdown ma siamo abituati, dopo che abbiamo chiuso per 104 giorni.
Teme che qualcuno possa non venir più da voi?
Ho 28 anni. Paghiamo tante tasse e diamo lavoro a tre camerieri italiani. Ci sono 16 sushi a Savona, se noi abbiamo tanto successo è perché siamo seri e il nostro pesce è buonissimo, torneranno. Poteva succedere ovunque e finché il virus non sarà sparito non saremo l’unico caso. 

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