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Così Firenze è diventata il laboratorio dei giovani squadristi

Immagine di copertina
Foto di gruppo durante il campo estivo del 2021 di Blocco Studentesco. L'uomo cerchiato in rosso è l'ex terrorista nero Mario Tuti

Dietro il pestaggio al liceo Michelangiolo c’è una profonda opera di indottrinamento delle nuove generazioni. Che ha nel capoluogo toscano il suo epicentro Tra campi di addestramento con ex terroristi e una casa editrice che diffonde simboli nazisti

Era il 6 ottobre del 2020, un’epoca politica fa. Si respirava ancora l’aria della pandemia, Fratelli d’Italia macinava consensi, al governo Giuseppe Conte e il Partito democratico affrontavano una crisi mai vista. La guerra era inimmaginabile. Le scuole fiorentine, però, già si trovavano ad affrontare il ritorno dello squadrismo.

Il 6 ottobre davanti al liceo Isis Galileo Galilei l’organizzazione giovanile di Casapound Blocco Studentesco appende uno striscione: «I giorni della repressione sono finiti: studente respira». La parola «giorni» era in rosso e coincideva con il cognome del dirigente scolastico di quell’istituto.

Qualche giorno prima un gruppo di ragazzi con il volto travisato da mascherine, cappucci e berretti aveva invaso il Galilei lanciando volantini contro l’allora ministro Azzolina e con lo slogan del mondo no-vax «Dittatura sanitaria».

Furono quattro gli indagati per i reati di violenza e minaccia a corpo amministrativo: tre maggiorenni, che finirono ai domiciliari, e un minorenne, tutti appartenenti al Blocco. Uno degli arrestati aveva un ruolo di primo piano nel mondo della galassia dell’estrema destra fiorentina, responsabile provinciale del Blocco Studentesco e vicepresidente della Consulta provinciale degli studenti.

Di quell’episodio si parlò poco, quasi esclusivamente sui giornali locali. Eppure, era un segnale di allarme ben chiaro. Gli insegnati del Galilei che avevano assistito all’irruzione spiegarono subito qual era il pericolo: «Chiamiamoli con il loro nome. Non teppistelli, che fanno quasi tenerezza. Questi sono squadristi coi metodi fascisti», mise a verbale una docente. 

Rileggere oggi gli atti di quell’inchiesta fa capire quanto pesante sia il clima che si respira attorno alle scuole italiane, divenute da tempo terra di conquista delle squadracce nere della galassia di estrema destra. Ma c’è un pericolo ulteriore, molto meno visibile, che si annida all’interno delle organizzazioni nate e cresciute a cavallo tra Casapound e Azione Studentesca, la sigla a cui appartengono i ragazzi protagonisti dell’aggressione davanti al liceo Michelangiolo. Ci sono maestri del terrore del passato che tornano. 

Cattivi maestri
Estate 2021. Il Blocco Studentesco organizza la quarta edizione del suo annuale campo di formazione in terra di Maremma. Sul canale Telegram pubblicano una lunga galleria fotografica dell’incontro.

L’idea è quella di creare una certa atmosfera, fatta di rimandi a ben altre gioventù inquadrate. Ordine geometrico, divisa, sguardi torvi. L’adunata prevede l’alzabandiera: man mano che la corda viene tirata si svela il disegno bianco al centro: un fulmine cerchiato, il simbolo del partito inglese Unione Britannica dei Fascisti, fondato nel 1932 da Oslwald Mosley.

Tutti sono in piedi, in fila. Poi combattimenti a mani nude, il falò, il tiro alla fune e gli incontri all’aperto per la formazione dei camerati del terzo millennio.

Nelle foto di gruppo diffuse su Telegram appare un uomo, corpulento, con la stessa maglietta ufficiale dei ragazzi del Blocco studentesco. Ha una coppola grigia, il volto è ben noto alle cronache: è Mario Tuti, il terrorista nero responsabile di tre omicidi, ergastolano oggi in semilibertà.

Toscano, originario di Empoli, fu il protagonista della terribile stagione di violenza degli anni Settanta: fu accusato, e poi prosciolto, di aver organizzato l’attentato al treno Italicus, una delle stragi della strategia della tensione. Mai pentito e mai dissociato. 

Tuti non doveva stare lì, nel campo del Blocco studentesco. Il provvedimento di semilibertà avrebbe dovuto impedirgli di frequentare quell’area ideologica che lo aveva visto cattivo maestro nei decenni passati. E quando le foto furono riprese nel servizio del programma Spotlight di Rainews 24 – all’epoca della direzione di Andrea Vianello, ça va sans dire – il beneficio ottenuto nel 2004 gli venne revocato, fino alla fine dell’anno.

Cosa si dissero Tuti e i giovani del Blocco Studentesco? Lo ha ricostruito il libro “Il ritorno del Reich” (Palladino e Barranca, 2022, RoundRobin), che ha pubblicato il contenuto di un lungo dialogo tra Tuti e alcuni esponenti di Nessuno tocchi Caino.

Il tema era proprio quell’aggressione squadrista di Firenze: «Oggi sono venuti a trovarmi dei ragazzi dalla Toscana, tra cui quei militanti di Casapound che furono arrestati su denuncia di un preside perché avevano distribuito un volantino. E io li ho anche presi in giro, dicendo “ricordo che furono fatte delle manifestazioni a vostro sostegno e lo slogan era ‘liberate i camerati’. Ma voi non eravate in galera, se volevi uscire aprivi la porta di casa e te ne andavi”. E infatti anche loro hanno detto, “no, infatti, è stato un trucco comunicativo”».

E Tuti è pronto a spiegare come funzionavano le cose una volta: «Gli ho detto “però è sbagliato, perché può colpire la gente qualunque, chiunque ha conosciuto l’essere rivoluzionario, meglio la latitanza che un volantino”». 

Per il terrorista nero, conosciuto all’epoca come Caterpillar, in fondo i militanti dell’estrema destra di oggi «sono ragazzi bravi. Non hanno avuto certe esperienze, non conoscono certe cose, non hanno avuto la fortuna, tra virgolette, ma sarebbe stata veramente una fortuna, di aver vissuto i nostri anni.

Come noi, ad esempio, quelli della mia generazione, abbiamo sempre rimpianto di non aver avuto la fortuna, fortuna anche questa tra virgolette, però fortuna vera, di vivere gli ultimi due anni di guerra, con la Repubblica Sociale, oppure con la difesa di Berlino».

La sua presenza è in fondo quella di un testimone, spiega Tuti: «A questi ragazzi è stata negata la formazione che abbiamo avuto noi. Quindi, anche se cercano di formarsi con i libri e qualche testimonianza, normalmente le esperienze estreme, come è stata anche la lotta armata, come sono stati i nostri anni della gioventù, non riesci a comunicarle. O le hai vissute, o sennò è solo un racconto, che non ti muove dentro, perché cosa sai tu di quando devi andare all’università portandoti la pistola, perché devi scegliere se scappare o resistere, sapendo che se resisti puoi fare del male o anche subire. Però dici “io non scappo”». 

Mario Tuti, ascoltando le sue parole, non sembra di certo essersi allontanato dalle esperienze eversive degli anni Settanta: «La pena non deve avere carattere afflittivo e deve tendere alla rieducazione del condannato… Io preferisco che mi diano le botte piuttosto che mi vogliano ricondizionare. Perché la rieducazione del condannato è una violenza molto, molto più grave che la violenza fisica. Tu mi vuoi cambiare dentro… Chi sei tu? Quali sono i tuoi valori che tu pretendi siano migliori dei miei? E io mi dovrei rieducare? Ma io dovrei dare prova di certo e sicuro ravvedimento: ravvedimento di che? A loro?».

La democrazia non è un valore che appartiene alla sua area, neanche oggi. Le sue parole suonano cupe, soprattutto se rivolte a giovanissimi militanti della destra contemporanea. 

Guerrieri
Firenze è un laboratorio, ormai da diversi anni. Prima di tutto culturale, di formazione di quadri, di creazione di una narrazione per quella che è diventata una vera e propria ossessione del mondo post-fascista: l’egemonia culturale.

All’interno di Casaggì, organizzazione collaterale del mondo giovanile di Fratelli d’Italia, vicinissima ad Azione Studentesca, è nata la casa editrice Passaggio al Bosco. Il nome riprende il concetto caro all’area post-fascista da almeno trent’anni, ed è ripreso dal “Trattato del ribelle” di Ernst Jünger.

Il «passaggio al bosco» è il ritorno alla tradizione, l’isolamento del guerriero, pronto ad affrontare il mondo post-moderno.

Il catalogo della casa editrice fiorentina può essere letto come una sorta di manuale di formazione del giovane camerata, con una prevalenza del pensiero identitario.

Ma non ci sono solo libri. In bella mostra sulla home page c’è la Julleuchter, ovvero la lampada solstiziale. Non un modello qualsiasi, ma l’esatta copia di quella prodotta negli anni Trenta, regalata da Erich Himmler agli ufficiali delle SS ogni 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno.

Nel catalogo di Passaggio al Bosco appare, sullo sfondo, l’immagine rituale di un cavaliere, un’icona simbolo dell’organizzazione Ordine Nuovo, la sigla dell’eversione nera più vicina al pensiero nazista. 

La formazione dei giovani quadri di Azione Studentesca – l’organizzazione a cui appartengono i protagonisti dell’aggressione davanti al liceo di Firenze – attinge da questo stesso immaginario. Le fotografie dei raduni organizzati tutti gli anni mostrano un mix tra i campi Hobbit e i corsi estivi di Generation Identitaire, il gruppo europeo recentemente sciolto per razzismo dal governo francese.

Nel 2018 tra gli ospiti vi era anche Marco Malagutti, all’epoca responsabile politico di Generazione Identitaria, la filiale italiana del movimento nato in Francia nel 2012.

Nelle giornate formative dei quadri di Azione studentesca l’addestramento fisico al combattimento ha un ruolo fondamentale: «Due lunghe file, ordinate e dritte, si dispongono frontalmente, senza proferire una sola parola. Qualche attimo di calma, poi il segnale: una breve corsa verso l’impatto, come nelle antiche cariche di cavalleria. Qualche minuto di mischia, con guardie alte e colpi netti, poi di nuovo la quiete (…) Non è la brutale pratica della violenza di strada o il rude addestramento al massacro del diverso, ma la pura e semplice disciplina marziale», si legge in un editoriale della rivista Agoghè, gestita da Casaggì e Azione Studentesca. Giovani squadracce crescono.

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