Finanziavano Al Shabaab, l’organizzazione dei rapitori di Silvia Romano: tre richieste di processo
La Procura di Bologna ha chiesto il rinvio a giudizio per un cittadino somalo e due etiopi accusati di finanziare i terroristi che operano in Somalia. Due di loro (insieme a una quarta persona) sono indagati anche per reati in materia di immigrazione
Finanziavano Al Shabaab, l’organizzazione dei rapitori di Silvia Romano: tre richieste di processo
Finanziavano attività terroristiche da parte di organizzazioni anti-governative che operavano in Somalia e in Etiopia, tra cui anche Al Shabaab, l’organizzazione dei rapitori di Silvia Romano in Kenya. È l’accusa rivolta a un cittadino somalo e due etiopi, tutti 23enni che si trovano in carcere a Nuoro, Cagliari e a San Vittore, per i quali la Procura di Bologna ha chiesto il rinvio a giudizio.
I tre vivevano tra Lombardia e Piemonte ma avevano contatti anche in Emilia Romagna. Ora sono chiamati a rispondere, in concorso, del reato di addestramento ad attività di terrorismo anche internazionale. A due di loro si contestano anche reati in materia di immigrazione clandestina in concorso con un un 29enne somalo che si trova agli arresti domiciliari nel Milanese, anche lui destinatario della richiesta di processo. I quattro sono Rashiid Dubad (23 anni), Said Mahamed (23 anni), Cabdiqani Asman (29 anni) e Isidiin Ahmed (23 anni).
I fatti contestati per le accuse di terrorismo si riferiscono ad un periodo compreso tra settembre 2018 e maggio 2019. Secondo l’inchiesta della Digos di Bologna, coordinata dalla Pm Antonella Scandellari, il gruppo raccoglieva soldi nel Nord Italia, da inviare ai combattenti del Corno d’Africa. Per gli inquirenti, partiti da una serie di contatti che gli indagati avevano nella zona di Forlì fin dal settembre 2018, i tre avrebbero finanziato dall’Italia appartenenti ai gruppi terroristici Al Shabaab e Onlf (Ogaden National Liberation Front) attivi in Somalia ed Etiopia.
In particolare il 23enne somalo Rashiid Dubad, questa la ricostruzione dell’accusa, agiva come collettore di beni (camion) e somme di denaro raccolte attraverso il sistema chiamato Hawala da una rete di finanziatori, composta anche da stranieri residenti fuori dall’Italia. Mensilmente inviava in Somalia importi in dollari ed euro per un ammontare complessivo di circa 6.900 euro. Altre somme sarebbero state inviate in Somalia dagli altri due 23enni, per una cifra di circa 2.700 euro.
I tre indagati sul fronte dei reati in materia di immigrazione, invece, sono accusati di aver organizzato il trasporto di stranieri in Italia per farli entrare illegalmente in altri Paesi, soprattutto nel nord Europa. La richiesta di rinvio a giudizio per i quattro indagati è stata firmata dal sostituto procuratore di Bologna, Antonella Scandellari e dal procuratore capo, Giuseppe Amato.
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