“Ero un sacerdote, ma quando è nata mia figlia ho scelto la paternità”: su TPI la storia di Pasquale Somma
"Ho lasciato il sacerdozio quando ho scoperto che sarei diventato padre. Oggi mia figlia ha 4 anni e sa chi era e chi è suo padre". La testimonianza
“Molte volte mi hanno chiesto cosa avrei detto a mia figlia. Lei saprà chi era suo padre, già adesso lo sa. Ho una foto da prete con papa Francesco, ho le foto dei matrimoni dei miei familiari, che ho sposato io. Mia figlia vede le foto: papà è quello, papà è stato quello. Oggi ha deciso di fare altro. Saprà anche che lei è stata fondamentale per questa scelta”. Pasquale Somma, 42 anni, faceva il sacerdote fino a 4 anni fa, quando è ha scoperto che avrebbe avuto una figlia.
La sua storia ha un finale diverso da quella di Eleonora, che aveva scoperto che suo padre era un prete cattolico solo a 23 anni, dopo essere cresciuta senza la vicinanza di una figura paterna (qui la storia pubblicata in esclusiva da TPI circa un anno fa). Pasquale, complici i tempi diversi, ha fatto una scelta opposta per sua figlia: “A lungo ci è stato chiesto di essere invisibili, perché provocavamo imbarazzo alla Chiesa”, dice a TPI. “Questo lo trovo assurdo, ma penso che adesso la situazione stia cambiando, che se ne stia iniziando a parlare”.
Pasquale, originario di Pimonte, in provincia di Napoli, è stato prete per circa 10 anni, dal 13 settembre 2007. Viveva a Castellammare di Stabia (Napoli), ma dopo la nascita della figlia si è trasferito a Torino insieme alla compagna Elisa. Ora lavorano entrambi per il Gruppo Abele, associazione di Torino fondata nel 1965 da don Luigi Ciotti, dove Pasquale si occupa di accoglienza e di dipendenze. “Conosco tante di storie simili a quella di Eleonora, me ne sono state raccontate tante”, dice. “Non vorrei mai che mia figlia vivesse quella situazione”.
A TPI il 42enne racconta delle difficoltà che ha vissuto nel momento in cui si è accorto di essere a un bivio: da una parte il sacerdozio, dall’altra il dovere di prendersi cura di sua figlia e della sua compagna. “Alla fine ho scelto la mia paternità, perché penso che quando c’è una vita è sempre una benedizione: Dio l’ha permesso, quindi va vissuta. Sarebbe un peccato non viverla, non vivere la paternità”, dice. “Per questo ho chiesto di essere dispensato. Ma non l’ho fatto subito, in realtà, è stata una scelta molto difficile”.
Pasquale racconta anche delle proposte che gli sono state fatte per continuare la vita sacerdotale. “Mi è stato proposto di continuare il sacerdozio in un’altra diocesi, e assicurare così il mantenimento economico a mia figlia”, dice. “Qualcuno ci ha proposto addirittura di fare un parto anonimo e dare la bambina in adozione. Ma io e la mia compagna ci siamo ribellati e siamo andati via”.
Per Pasquale si è trattato di un cambio di vita radicale, anche perché non poteva più contare sul sostentamento economico del clero. “Sono entrato in seminario quando avevo 11 anni, ero un bambino”, racconta. “Ho sempre fatto questo: studiare e pensare che avrei amministrato una parrocchia, senza aver mai fatto altri lavori. Oggi”, dice, “sono stato fortunato perché ho trovato la disponibilità di don Ciotti, che ha accolto anche tanti altri come me”.
Pasquale dice che “nella Chiesa oggi manca questa dimensione: chi sceglie di abbandonare il celibato diventa un emarginato, deve cavarsela da solo. Con Papa Francesco non ci sono cambiamenti radicali, ma quantomeno se ne sta parlando”, osserva. Le difficoltà per andare avanti sono state diverse: “Da poco ho ricevuto la dispensa, ci sono voluti tre anni. Prima di riceverla, ad esempio, non potevo avere un normale contratto di lavoro. Sono arrivato a questa scelta senza un euro sul conto. Non mi vergogno di dire che molti amici preti mi hanno aiutato economicamente, a titolo personale, perché non avevo niente”. Pasquale si riferisce alla “dimissione dallo stato clericale”, una disposizione della Santa Sede, con cui si dispensa un chierico della Chiesa cattolica dagli obblighi del sacramento dell’ordine.
È stata la nascita di sua figlia, quindi, a spingerlo a lasciare il sacerdozio? “Se dovessi rispondere di pancia direi che sì, è stato il pensiero di mia figlia a farmi compiere questa scelta. Ma pensandoci, in realtà, lei mi ha spinto a prendere consapevolezza, a capire che non potevo più vivere il celibato, che il celibato mi è sempre costato, durante tutta la vita di presbitero. Ad oggi ringrazio mia figlia, che mi ha dato la forza di poter scegliere. Ma la tentazione di rimanere in quell’ambiente era fortissima. Non mi sento di giudicare il padre di Eleonora, che non ha avuto questo coraggio, proprio perché sono passato per quei pensieri. L’unica differenza forse è che io ho creduto nella possibilità di riscattarmi in una vita laica”.
“Quando fai la scelta del celibato devi essere consapevole di cosa sia e di cosa comporti. Nel mio caso, ma anche in quello di altri, la consapevolezza di questa scelta non c’è stata davvero finché non mi sono trovato a viverla in età adulta. In quel momento ti trovi a vivere con le tue fragilità, con la tua umanità, e io non ce l’ho fatta”.
Pasquale ha conosciuto la sua compagna, Elisa, in parrocchia, dove lei era una sua collaboratrice. “Il tradimento del celibato lo vivevo già prima che nascesse mia figlia. Se non ci fosse stato questo evento, avrei continuato questo sdoppiamento, che non mi avrebbe portato a nulla, se non a vivere una vita infelice. Mia figlia mi ha fatto uscire da una situazione in cui non potevo essere me stesso”.
“Pur consapevoli di commettere un errore”, dice, “con Elisa abbiamo deciso di vivere il nostro sentimento, che è un sentimento umano. Per noi non era nulla di scandaloso, ma poi di riflesso lo è diventato, almeno per la comunità dove vivevamo”. La notizia, insomma, ha fatto scandalo, almeno per un po’. “C’è stato il polverone del momento”, spiega Pasquale. “La mia compagna era continuamente bersagliata, venivamo additati. C’era tanto imbarazzo, vergogna, cose che ora non avvertiamo più. Oggi sono passati 4 anni, la stima e il bene di tanti sono continuati nonostante il pettegolezzo e il grido allo scandalo”.
A distanza di quattro anni, Pasquale dice di essersi pentito solo di una cosa: “di aver ubbidito quando, subito dopo aver scoperto di mia figlia, mi è stato chiesto di tacere, mentre io avrei voluto raccontare alla comunità questa situazione. Ma non mi è stato permesso. Sono stato invitato ad allontanarmi, ad andare più lontano possibile, e a vivere tacitamente tutto questo. Per me, invece, è importante raccontare ciò che è successo”.
Se sei figlio di un prete o di religiosi e vuoi condividere la tua storia per sensibilizzare sul tema, puoi contattare l’autrice dell’articolo alla mail a.ditta@tpi.it
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