L’epidemiologo dell’Ats Milano: “La città è come Lodi a marzo. Con un Rt a 2,35 inevitabile lockdown”
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“Sono abbastanza dubbioso sull’instaurazione delle ‘zone rosse’ come mezzo di prevenzione, soprattutto se si tratta di un’enorme ‘zona rossa’ con milioni di abitanti. Non ha molto senso. Bisognerebbe intervenire di più con mezzi di prevenzione territoriale”. Lo ha detto Pierluigi Lopalco, ordinario di Igiene all’Università di Pisa e neoassessore alla Sanità della Regione Puglia, a Radio 24 in 24Mattino, a proposito dell’ipotesi di rendere Milano ‘zona rossa’.
Già, perché la possibilità che l’intera città diventi una grande zona rossa si fa sempre più forte nella mente degli amministratori locali. A lanciare l’allarme dopo gli ultimi dati che arrivano dal capoluogo meneghino è stato Antonio Giampiero Russo, il medico a capo dell’epidemiologia nella città metropolitana. I numeri si fanno di giorno in giorno sempre più preoccupanti e il paragone con quanto accaduto all’inizio della pandemia è inevitabile: “Milano come Lodi nel mese di marzo”.
Anche Massimo Galli, dirigente delle Malattie infettive del Sacco, ha lanciato l’allarme sul trend: “Quella che stiamo per vivere è la battaglia di Milano”. Il nemico pur essendo lo stesso degli ultimi otto mesi resta poco noto. “A marzo ero preoccupato succedesse quello che viviamo oggi, poi ci salvò il lockdown: ora dobbiamo invertire la tendenza entro 15-20 giorni per evitare interventi più drastici”.
Milano, come altre metropoli europee, paga la sua densità abitativa. Ancora ieri dei nuovi 4.125 casi (con 29 decessi) registrati in Lombardia, la metà era in provincia di Milano e 917 in città. “Magari un paio di settimane, proseguendo con altre chiusure a fisarmonica. Questo è inevitabile con un Rt arrivato a 2,35. Oggi Milano è come Lodi a inizio marzo”, aggiunge Russo.