“La ASL ha richiamato mio padre per fare il tampone. Ma lui era già morto da una settimana”: la denuncia di Elisa a TPI
“Quando il cellulare di mio padre ha squillato, lui non c’era più già da una settimana. Dall’altro capo del telefono c’era l’Asl To3 per avvertirlo, ironia della sorte, che poteva recarsi in ospedale a fare il tampone”.
Questa storia agghiacciante arriva dal Piemonte. A raccontarla è Elisa Franzò, ex vicesindaco di Alpignano, in provincia di Torino. Elisa racconta a TPI il caso del padre, Angelo Franzò, morto a causa del Coronavirus.
“Da qualche parte il meccanismo si deve essere inceppato. Nonostante tutto quello che i medici di base, gli infermieri e gli operatori stanno facendo negli ospedali, se il meccanismo va in tilt per questioni burocratiche o amministrative, allora tutti questi sforzi non servono a niente”, spiega Elisa.
“Mio papà aveva 74 anni. Due settimane prime di ammalarsi si era sottoposto a coronarografia e gli erano stati messi degli stent all’ospedale di Rivoli. L’operazione però era andata ottimamente, lui era uscito dall’ospedale che stava bene. Non faccio ipotesi sul fatto che se mio padre fosse stato curato prima si sarebbe salvato, perché le ipotesi fanno solo male. Però non si può pensare che nonostante i tanti sforzi degli operatori sanitari, possano succedere queste cose”.
Elisa spiega a TPI il decorso della malattia del padre, iniziata con febbre alta e problemi respiratori intorno al 12 marzo. “Durante quella settimana la temperatura si alzò e si abbassò e il medico di base, seguendo il protocollo, gli prescrisse l’antibiotico, variandone il dosaggio nel corso dei giorni. In quella settimana il medico di base, visti i sintomi, richiese il tampone per mio padre. Ma il tampone non venne fatto. Dopo una settimana, ossia giovedì 19 marzo, la febbre non era ancora andata via. Il medico di base gli prestò il saturimetro, che misura la saturazione del sangue. Essendo molto bassa, chiamammo l’ambulanza per farlo portare in ospedale. Mio padre entrò subito il terapia intensiva”, prosegue Elisa.
“Era giovedì 19 marzo e mio padre è mancato il sabato successivo, il 28 marzo. Il tampone lo ha fatto in ospedale. Ce lo comunicò lui stesso con un messaggio in cui ci diceva che era risultato positivo. A oggi non abbiamo mai avuto il risultato ufficiale del tampone positivo”.
Come ci racconta Elisa, “Il giorno stesso in cui mio padre ci disse di essere positivo al Covid-19, mia madre, che viveva con lui, iniziò la quarantena in isolamento. E anche io. Durante quella settimana, mia mamma ebbe 3 giorni di febbre, ma non fece il tampone. Lo aveva comunicato al medico di base, ma la febbre non si era alzata tanto e così stette solo a riposo”.
Quindi, nonostante la madre di Elisa avesse comunicato di avere la febbre e un familiare stretto era risultato positivo, non le venne fatto il tampone. “Noi abbiamo avuto la coscienza di stare a casa in quei giorni in cui mio padre è risultato positivo, ma la comunicazione dell’Asl di restare a casa ci è arrivata molto dopo, il 6 Aprile. Quando la quarantena prevista era dal 17 al 31 di marzo. Che senso ha? Giusto per mandare una comunicazione ufficiale? Bisogna fare chiarezza”.
Ma il caso di Angelo Franzò e i ritardi nelle comunicazioni potrebbe non essere isolato e riguardare altre Asl della provincia di Torino. Il Sisp, acronimo di Servizio di igiene e sanità pubblica dell’Asl di Torino che riceve le segnalazioni dei medici di base, non ha funzionato bene: le segnalazioni che gli stessi medici avevano inviato via mail su casi sospetti positivi non sono mai giunte alla casella di posta rapidamente ingolfata dalla raffica delle segnalazioni; parte dei pazienti non sono stati ricontattati, altri sono stati “recuperati” parecchi giorni dopo.
Ora bisogna capire perché il sistema non ha funzionato, per quanto tempo e quante sono le mail mai pervenute alle Asl.
Del resto già a fine marzo si susseguivano le segnalazioni dei medici di base e nelle stesse Asl si ammetteva che il Sisp rappresentava un problema. E probabilmente non è un caso se l’8 aprile, a seguito delle proteste che arrivavano anche ai piani alti dell’azienda, la direzione aveva commissariato l’area della prevenzione, alla quale il Sisps afferisce.
I fatti salienti
• Angelo Franzò, di 74 anni, residente ad Alpignano (TO) il 12 marzo accusa febbre alta. Contatta il medico di base che prescrive antibiotici. Come ci riportano i familiari, nella stessa settimana, il medico di abse decide poi di fare richiesta all’Asl per un tampone per Angelo Franzò. Il test non viene effettuato.
• Il 19 marzo le condizioni di Angelo Franzò si aggravano e i familiari chiamano l’ambulanza per il ricovero in ospedale dove viene sottoposto a tampone e risulta positivo al Coronavirus.
• L’uomo avverte la figlia e la moglie tramite un sms.
• Anche la moglie dell’uomo comunica al medico di base di avere febbre durante la settimana del 19 marzo. Ma non viene predisposto né isolamento, né tampone.
• Il 28 marzo Angelo Franzò muore.
• A distanza di una settimana dal decesso, il 3 aprile, sul cellulare privato dell’uomo giunge una telefonata da parte dell’AslTo3 in cui si comunica la possibilità di effettuare il tampone.
• Il 6 aprile Elisa e sua madre ricevono dall’Asl To3 la notifica dell’isolamento che per loro doveva durare dal 17 al 31 marzo. La notifica giunge molto dopo rispetto a quando sarebbe dovuto iniziare l’isolamento.
TPI ha contattato la Asl To3 di riferimento per una replica e un chiarimento sull’accaduto. Nel momento in cui scriviamo siamo in attesa di risposta.
Aggiornamento.
Dichiarazione dell’AslTo3 in merito al caso del Sig. Angelo Franzò:
“Le procedure per l’esecuzione dei tamponi a domicilio prevedono, prima dell’esecuzione da parte dei servizi territoriali, che la richiesta sia autorizzata dall’unità di crisi regionale; successivamente la richiesta segue un iter procedurale che comprende la gestione amministrativa, l’organizzazione dei servizi per l’esecuzione a domicilio, la consegna al laboratorio di riferimento e l’attesa dell’esito. Nel caso del Sig. Angelo Franzò, il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica – SISP ha inserito la richiesta di esecuzione del tampone sul portale regionale gestione pazienti il giorno 19 marzo 2020.
Il Sig. Franzò risultava da quel momento in una lista di attesa per l’esecuzione del tampone. Nel frattempo purtroppo è stato necessario ricorrere al ricovero ospedaliero. Nel passaggio di competenze fra territorio ed ospedale è venuto meno il puntuale aggiornamento dei dati informatici riguardanti questo caso, circostanza della quale siamo profondamente rammaricati e della quale possiamo ravvisare la causa nelle difficoltà di gestione legate al primo periodo dell’emergenza ed alla grande quantità di pazienti che il servizio si è trovato ad affrontare contemporaneamente, pur nel grandissimo sforzo organizzativo posto in essere sia a livello regionale sia come singola azienda sanitaria, cui fa riferimento un bacino di utenza di oltre 580.000 cittadini, in un’area fra le più colpite in Italia. Consapevoli che ogni singolo caso racchiuda in sè una preziosa storia personale e umana, siamo sinceramente addolorati e vicini alla famiglia del Sig. Franzò”.
CORONAVIRUS ULTIME NOTIZIE: TUTTI I NUMERI
1. ESCLUSIVO TPI – Parla la gola profonda dell’ospedale di Alzano: “Ordini dall’alto per rimanere aperti coi pazienti Covid stipati nei corridoi” /2.“Chiudere solo Codogno non è stato sufficiente, eravamo tutti concentrati su quello, ma i buoi erano già scappati dal recinto”: parla Rezza (ISS)
3.Contagio Coronavirus all’ospedale di Alzano: dopo l’inchiesta di TPI la Procura di Bergamo indaga per epidemia colposa /4. Lazio, 129 contagiati al Nomentana Hospital di Fonte Nuova: “Hanno spostato qui il focolaio di Nerola”