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Elena Cecchettin: “Giulia non deve essere ricordata solo come la vittima di un assassino”

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Elena Cecchettin: “Giulia non deve essere ricordata solo come la vittima di un assassino”

“Era una relazione di controllo e di abuso, ma all’inizio di una storia scusi tutto. Lui voleva essere presente in ogni cosa della vita di Giulia”. Così, in una lunga intervista a La Repubblica, Elena Cecchettin ha ricordato il rapporto tra la sorella Giulia e il suo assassino. “Lei non poteva uscire con le amiche senza dirlo, quasi dovesse chiedere permesso. Non le lasciava spazio, non voleva che lei avesse una vita al di fuori di lui”, ha detto riguardo il comportamento di Filippo Turetta nei mesi precedenti l’omicidio.

“Certo che Giulia si è accorta che qualcosa non andava, sapeva che io avevo ragione ma come fai a immaginare che la persona con cui stai possa farti del male, non lo vuoi credere possibile”, ha aggiunto nell’intervista.

Di quell’11 novembre ha ricordato di aver scritto alla sorella fino alle dieci e mezza di sera. “Parlavamo di vestiti, Giulia stava scegliendo quello per la laurea. Sapevo che era con lui, ci siamo scambiate messaggi mentre erano insieme”. Poi non ha più ricevuto risposta. “Sono andata a letto e non riuscivo a dormire, sono molto ansiosa, quella notte avevo un’oppressione tremenda. Alle otto di mattina arriva un messaggio di mio fratello che mi chiede sai dov’è la Giuli, non è tornata a casa. Ero in bagno, sono scoppiata a piangere. Ho capito subito”.

“Non voglio che Giulia sia ricordata solo come la vittima del suo assassino”, ha detto in un altro passaggio. “Era questo il senso del mio discorso al funerale. Aveva imboccato la strada della felicità. Vorrei che fosse questo, semmai, il suo lascito. Andiamo verso la felicità”.

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