Dirigente denunciato per molestie, la giudice lo assolve: “Vittima mossa da complessi sul proprio aspetto”
Dirigente denunciato per molestie, la giudice lo assolve: “Vittima mossa da complessi sul proprio aspetto”
Una sentenza destinata ancora una volta a far discutere. Un dirigente di un museo della capitale è stato assolto dalle accuse di molestie di sessuali scaturite dalla denuncia di una giovane dipendente.
A deciderlo è stato il collegio presieduto da Maria Bonaventura, la stessa giudice che aveva assolto il bidello che secondo il tribunale di Roma aveva sì palpeggiato una studentessa, ma solo in maniera “fugace”. Secondo i giudici il racconto della presunta vittima non ha trovato riscontri nelle testimonianze. “Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente”, riporta la sentenza in quest’ultimo caso.
Secondo l’accusa, rappresentata dal pm Antonio Calaresu, la ragazza era stata costretta a difendersi una prima volta dalle molestie dell’uomo nell’aprile del 2019, a tre mesi circa dall’assunzione. In quell’occasione il dirigente avrebbe iniziato a metterla in difficoltà con frasi fuori luogo e domande a sfondo sessuale che avrebbero avuto il solo scopo di imbarazzarla. Secondo il capo d’accusa, l’uomo poi “la bloccava in un angolo e le palpeggiava come al solito fianchi, schiena e pancia dicendo ‘dai fammi toccare ancora un po’…’.
Nonostante i tentativi di scoraggiarlo, riporta il Corriere della Sera, il 20 maggio 2019 l’uomo l’avrebbe aggredita una seconda volta, dopo averle chiesto di aiutarlo a prendere dei cataloghi in magazzino.
“L’uomo la afferrava da dietro e iniziava a palpeggiarle i fianchi e la pancia quindi, appoggiandosi a lei, le sniffava i capelli e sussurrava ansimando…”, ha scritto l’accusa.
Il terzo caso viene collocato dopo una cena tra colleghi, quando l’uomo “iniziava a toccarla sul seno, sulla pancia, sui fianchi e sul sedere, a leccarla e a morderle le orecchie fino a quando le infilava la lingua in bocca”.
La ragazza ha riferito dell’accaduto alle colleghe, che al processo hanno però minimizzato. Secondo una testimone, il comportamento del dirigente è da ricondurre a un modo di fare “giocherellone”. Davanti ai giudici l’uomo, nel frattempo licenziato dai vertici del museo, ha ribaltato le accuse sostenendo che la ragazza fosse attratta da lui. Il collegio giudicante gli ha dato ragione e lo ha assolto.