Delitto di via Poma, l’ultima pista dei carabinieri: “Il killer è il figlio del portiere”. Ma i pm chiedono l’archiviazione: “Non ci sono prove”
Delitto di via Poma, l’ultima pista dei carabinieri: “Il killer è il figlio del portiere”
L’assassino di Simonetta Cesaroni, l’impiegata ventenne uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 in via Carlo Poma, a Roma, sarebbe Mario Vanacore, figlio del portiere dello stabile Pietrino, all’epoca dei fatti indicato come maggior sospettato del delitto.
A fornire la clamorosa ipotesi, rivelata in esclusiva da La Repubblica, sono i carabinieri che negli ultimi due anni hanno indagato sul caso, riaperto dopo un esposto presentato in procura dall’avvocato della famiglia della vittima.
La procura di Roma, però, ha chiesto l’archiviazione perché quella fornita dagli investigatori è “fondata su una serie di ipotesi e suggestioni che, in assenza di elementi concreti di natura quantomeno indiziaria, non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato”.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Mario Vanacore, che vive a Torino e che il giorno del delitto si trovava a Roma per fare visita al padre, si sarebbe recato nell’ufficio dove lavorava Simonetta Cesaroni per fare alcune telefonate interurbane dando per assodato che l’ufficio fosse vuoto.
Una volta entrato nell’ufficio si sarebbe trovato davanti Simonetta Cesaroni e avrebbe tentato di abusare di lei. Ne sarebbe nata una colluttazione, sfociata poi nell’omicidio.
I carabinieri ipotizzano che Vanacore abbia poi lasciato l’appartamento chiedendo aiuto ai genitori, i quali si sarebbero adoperati per far sparire alcune prove, come ad esempio gli “oggetti della vittima che non saranno mai più ritrovati”, ma anche l’arma del delitto.
Successivamente sia Pietrino Vanacore che la moglie Giuseppa De Luca, matrigna di Mario Vanacore, avrebbero tentato in tutti i modi di depistare gli inquirenti tentando di ritardare il ritrovamento del corpo, prima, e cercando di indirizzare la polizia verso altri sospettati.
La ricostruzione, seppur dettagliata, è però lacunosa di prove: per questo la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione. Ora, l’ultima parola sulla vicenda spetterà al Gip.