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Home » Cronaca » Roma

L’ennesimo rinvio al prolungamento della metro C e la sfiducia dei romani per le grandi opere

Immagine di copertina
Credit: AGF

Il prolungamento di due fermate della linea C della metropolitana di Roma che collegherà la stazione San Giovanni a Colosseo, passando per Porta Metronia (già Amba Aradam) e farà in modo che la terza metro di Roma si interscambi anche con la linea B aprirà al pubblico il 15 settembre 2025, quando l’anno giubilare sarà abbastanza inoltrato nonché in ritardo di diversi mesi sull’ultima data resa nota per la sua apertura, ovvero la primavera del prossimo anno.

Basta fare un giro sul web per accorgersi di quante dichiarazioni si siano susseguite sulla data di inaugurazione di questo prolungamento della lunghezza di appena due fermate, i cui lavori sono iniziati oltre dieci anni fa nel 2013, già in netto ritardo rispetto alle prime ottimistiche previsioni che volevano per quell’anno la linea C aver già attraversato il centro e muovere verso il profondo nord (di giunte se ne sono succedute, quindi la critica è senz’altro inclusiva per diversi colori politici), e la cui apertura al pubblico dopo complessi cantieri che limitano la regolare circolazione dei pedoni e degli altri mezzi viene regolarmente posticipata di volta in volta in un continuo stillicidio per i cittadini. Nessuno mette in dubbio che ci siano ogni volta ragioni valide, ma dopo tutta questa attesa sembra incredibile che siamo ancora qui per un’opera che dal suo primo cronoprogramma dovrebbe essere aperta da tempo.

Questo, tuttavia, vale per troppe opere a Roma, grandi e piccole. Potremmo parlare di un’eterna incompiuta come la vela di Calatrava a Tor Vergata, potremmo parlare del fatto che il tram 8 doveva concludere i lavori di manutenzione nel 2022 ma ancora quest’anno si è dovuta attivare la sostituzione con un bus, o del tratto di metro A tra Ottaviano e Battistini che è stato interrotto per lavori di manutenzione in ben tre occasioni tra il 2019 e quest’anno. Tutti lavori senz’altro dettati da ragioni contingenti ma che creano una totale sfiducia nei confronti di qualsiasi cantiere: viviamo in una società globalizzata in cui chiunque ha gli strumenti per capire che le tempistiche di Roma non hanno paragoni in nessuna altra città. E proprio per questo, l’amministrazione dovrebbe fare in modo che i cittadini abbiano gli strumenti per sapere che qualcosa in più sui ritardi, che non dovrebbero esserci ma purtroppo possono capitare, attraverso prima di tutto una maggiore comunicazione a riguardo: nessuno – tranne professionisti del settore, addetti ai lavori e qualche appassionato – è in grado di sapere cosa sia un preesercizio, quali siano molte questioni strutturali, ed è normale che sia così, ma trovarsi in questo continuo stillicidio di ritardi e nuove chiusure di cui poco può comprendere le ragioni rischia di far sentire il cittadino un semplice suddito e trasformare ai suoi occhi ogni cantiere in disservizio anziché opportunità di una nuova infrastruttura necessaria per la città.

Il ritardo nell’apertura del prolungamento della C fino al Colosseo è paradigmatico in questo senso, in un momento in cui a Roma sono aperti numerosi cantieri in vista del Giubileo che si appresta ad iniziare. Cantieri che nel timore fondato di molti, come dimostra il fatto della metro, rischiano di non essere completi prima di una fase molto avanzata dell’anno giubilare, sommano dunque alle modifiche alla circolazione l’elevato afflusso di pellegrini e fedeli in città, con le conseguenti problematiche e il rischio figuraccia internazionale. Eppure, il Giubileo, insieme ai fondi del PNRR, sembrava poter essere l’occasione per dare una svolta a numerose opere incompiute e a tante altre necessarie, a partire proprio dalla linea C.

A proposito di questo stillicidio di ritardi che caratterizza purtroppo soprattutto la metropolitana, non possiamo non vedere l’elefante nella stanza. Da mesi è aperto nel cuore di Roma uno dei più grandi cantieri della città, quello per il prolungamento della linea C a piazza Venezia. Un’opera necessaria, che dovrebbe esistere già da tempo e che darà una svolta al traffico di Roma, ma anche un’opera di una complessità tecnica senza precedenti per via del contesto archeologico e storico unico in cui la stazione verrà costruita. Se i tempi per la sua realizzazione dovessero essere rispettati in modo svizzero, non ci vorranno meno di otto-dieci anni per completarla: alla luce di come si è evoluto il prolungamento della C da San Giovanni a Colosseo, il timore è che ci vorrà molto più tempo, e che questo alimenti ulteriormente la sfiducia dei romani verso i cantieri, rendendo molto più tiepida qualsiasi amministrazione verso la realizzazione di nuove opere necessarie proprio a causa dell’idea che i romani si sono fatti circa i tempi e la gestione di qualsiasi progetto. Si sarebbe potuto, alla luce di una zona nevralgica che dovrà comunque venire bloccata per minimo otto-dieci anni, fare le cose in grande – soldi permettendo – e iniziare specularmente un lavoro graduale per realizzare anche il prolungamento della linea lungo corso Vittorio fino a San Pietro, Ottaviano e verso Clodio, ma alla luce di questa sfiducia, chi mai si sarebbe preso la responsabilità di realizzare un simile cantiere agli occhi dei romani? Sembra talvolta che anche le istituzioni – di tutti i colori, visto che la questione va avanti da anni e non riguarda solo il comune ma anche il governo – siano le prime ad aver paura a fare grandi infrastrutture nella Capitale. E se Roma rimane ferma sulle nuove opere, mentre il resto del mondo va serenamente avanti rispettando le tempistiche o con ritardi limitati o quantomeno non sistematici, la nostra città rimane strutturalmente indietro rispetto al resto del mondo e questo è inaccettabile.

Quindi, ben venga il coraggio del sindaco Gualtieri nell’aprire cantieri per realizzare nuove opere, ma serve non solo un impegno totalizzante per realizzarle in tempi più celeri possibili, ma anche che le ragioni di eventuali ritardi vengano rese note nel modo più chiaro possibile, e lo stesso per ogni intervento, perché tutte queste opere riguardano prima di tutto Roma e i romani e hanno un impatto sulle vite di tutti. Non farlo, rischia di far sentire i romani dei sudditi e non dei cittadini, oltre ad aumentare la sfiducia verso qualsiasi nuova opera, fatto che sarebbe inaccettabile. Anche per questo, sarebbe bello che noi cittadini prendessimo maggiore coscienza di questo, e fossimo più attivi nel pungolare il comune, a prescindere dal colore della giunta e dal nome del sindaco, chiedendogli di fare di più per la metropolitana, per i tram e per tutte quelle grandi opere che oggi, a Roma, servirebbero più che mai.

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