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Home » Cronaca » Roma

Roma, alle Terme di Caracalla pronto ad aprire un McDonald’s: è bufera

Immagine di copertina
McDonald's a Caracalla

La sindaca Virginia Raggi, appresa la notizia, ha chiesto lo stop

McDonald’s alle Terme di Caracalla? La notizia che la catena di fast food americana possa aprire una sede nell’area archeologica sito Unesco ha fatto scatenare un vero e proprio putiferio a Roma.

Nelle intenzioni del colosso a stelle e strisce c’è quello di completare il progetto entro la fine dell’anno in un’area dismessa da un vivaio storico proprio a ridosso delle mura Aureliane.

“È gravissimo che si possano realizzare tali progetti nel Sito Unesco. Con queste trasformazioni pezzo per pezzo si sta distruggendo la bellezza, la storia e la cultura di Roma”, ha commentato la consigliera del I municipio Nathalie Naim.

Immediata la risposta della presidente del municipio coinvolto, Sabrina Alfonsi, che ha garantito la regolarità del progetto dal punto di vista amministrativo, sottolineando che la superficie interessata è “un’area verde privata, senza servizi” e che”essendo una grande multinazionale i lavori saranno senz’altro soggetti a controlli più stringenti”.

Da parte sua, McDonald’s ha fatto sapere che “il ristorante (circa 800 mq con area interna ed esterna riservata alle auto, 250 posti a sedere complessivi, ndr) andrà a occupare il capannone già esistente non ci saranno volumi aggiuntivi, e non ci saranno insegne impattanti, così come prescritto dalla Soprintendenza si tratta di un progetto di riqualificazione complessiva dell’area”.

Solo dopo che si è sollevato il polverone è intervenuta la sindaca di Roma Virginia Raggi, a sua detta, all’oscuro di tutto. La prima cittadina ha chiesto la sospensione del progetto esecutivo per la realizzazione del fast food nel cuore della Capitale.

Nelle intenzioni della sindaca ci sarebbe quella di avviare un confronto con tutte le parti interessate e con i cittadini al fine di cancellare questo progetto e trovare nuove soluzioni attente a tutte le criticità e ai rischi che un piano del genere potrebbe generare in un sito molto delicato, vincolato dall’Unesco.

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