Roma, parlano gli acquirenti dei piani di zona dopo la nuova legge: “Prigioniero in casa mia”
A dicembre è stato approvato l'emendamento "salva famiglie", sull'istituto dell'affrancazione per gli immobili di edilizia convenzionata. Se la norma piace ai venditori, gli acquirenti la definiscono una "legge iniqua"
Affrancazione emendamento | “Sono prigioniero in casa mia. Non ho nessun diritto su una casa pagata a caro prezzo”. Gianluigi Castaldo è una delle persone che hanno acquistato casa nell’ambito di un piano di zona in diritto di superficie, pagandola a prezzo di mercato anziché a un prezzo calmierato come avrebbe dovuto essere, in un periodo in cui i notai e il comune di Roma – che avrebbero dovuto vigilare – lasciavano che ciò accadesse.
Lo scorso 13 dicembre è stato approvato l’emendamento del decreto legge 886, che conteneva la norma cosidetta “salva famiglie”, promossa dal senatore M5S Ugo Grassi insieme a Donatella Iorio, Roberta Lombardi, Emanuele Dessì ed Emiliano Fenu.
Questa norma consente ai venditori dei piani di zona di liberare dal vincolo del prezzo massimo di cessione l’immobile che hanno venduto – anche se questo non è più di loro proprietà – pagando l’affrancazione al comune di Roma. In questo modo, i venditori evitano di dover risarcire gli acquirenti per la differenza di prezzo che, dopo la sentenza 18135 del 2015 della Cassazione a Sezioni Unite, è stata ritenuta un indebito arricchimento.
La novità legislativa è stata accolta con entusiasmo dal Comitato Venditori 18135, che l’ha definita un “importantissimo risultato che tende a restituire ai cittadini tutti, nessuno escluso, la certezza e giustizia del diritto” (qui la posizione del comitato venditori in un precedente articolo di TPI).
Per gli acquirenti, tuttavia, si tratta di una “legge iniqua”, che non li ripaga “dei danni subiti dalla mancata disponibilità piena del bene acquistato a prezzi tre volti superiori al suo valore”.
Affrancazione emendamento | La storia di Gianluigi
Gianluigi Castaldo ha comprato casa nel 2010 a Fonte Laurentina, nel piano di zona C6 di Tor Pagnotta. È una casa in diritto di superficie, con la possibilità di acquistare il terreno dopo un certo numero di anni.
“Ci siamo innamorati del quartiere”, racconta l’uomo a TPI.it, “Tramite l’agenzia abbiamo acquistato un appartamento a 365mila euro e siamo andati a vivere lì. La mia intenzione era quella di aspettare il limite dei vent’anni e acquistare il terreno, così come mi era stato detto fin dall’inizio. Così funziona il diritto di superficie”.
Nel 2015 Gianluigi e la moglie vengono a conoscenza della questione dell’affrancazione. Il loro appartamento, in sostanza, non poteva e non può essere venduto al di sopra di 110mila euro. Si trovano a dover pagare un mutuo per una cifra ben più alta, a fronte di una casa he – almeno fino all’affrancazione – non può essere rivenduta a prezzo di mercato. Decidono di chiedere alla vecchia proprietaria la restituzione dell’indebito e vanno in causa.
“Ad oggi non so se la casa è mia, non posso venderla, non posso fare nulla”, dice Gianluigi. “Dovevo fare dei lavori ma mi sono fermato, perché non so se quella sarà ancora casa mia. Non so cosa darò a mio figlio. Pensare che c’è voluto il sacrificio di una vita dei miei genitori e dei miei suoceri. Una situazione allucinante”.
Con la precedente proprietaria fallisce anche un tentativo di mediazione, in cui Gianluigi sostiene di aver chiesto 90mila euro per chiudere la faccenda.
“Oggi se voglio affrancare, secondo i calcoli che ho fatto in base ai parametri del comune, ci vogliono 35mila euro, e altri 30mila per acquistare il terreno. È una follia, io ho già pagato 365mila euro”, dice lui. “La nuova legge blocca la richiesta di risarcimento nei confronti di chi ha guadagnato sulle case, e impedisce di denunciare notai, comune e tutti quelli che hanno preso parte a questo gioco perverso sulla nostra pelle. Trovo che questa legge sia vergognosa. Devo accettare solo l’obolo dell’affrancazione? No, non mi sta bene, io ho subito un vero e proprio furto, mi passi il termine”.
Al danno si aggiunge la beffa quando Gianluigi scopre che la vecchia proprietaria, in quanto socia della cooperativa costruttrice, composta da esponenti delle forze armate e delle forze dell’ordine, continua godere di un contributo dal ministero delle Infrastrutture, come tutti gli altri soci, anche se lei la casa l’ha venduta. “La rabbia è montata ed è anche tanta”, dice Gianluigi.
Affrancazione emendamento | Comitato Acquirenti
“La storia di Gianluigi è una delle tante che porteremo all’attenzione dei nostri parlamentari e delle loro coscienze”, scrive in una dichiarazione inviata a TPI.it Dario Pastore, presidente del Comitato acquirenti Piani di Zona. “Queste storie dimostrano, infatti, che l’approvazione all’unanimità dell’emendamento 5Stelle, che mette fine ai contenziosi relativi alle compravendite a prezzo di mercato di immobili Peep (Piano edilizia economica popolare), è stata frutto di uno scarso approfondimento della vicenda e del mancato ascolto di tutti i protagonisti”.
“Grazie alla legge del M5S, tanti venditori potranno sanare la propria situazione garantendosi una sorta di vendita dell’immunità giudiziale, come nelle peggiori dittature, sulle spalle dei cittadini che con le loro tasse avevano concesso alla venditrice un immobile agevolato. Il capolavoro – prosegue Pastore – si sta consumando alla sez. X del Tribunale di Roma, la stessa che secondo la rivista Business Insider aveva trasformato i giudizi in ordinari per consentire al legislatore di intervenire. Se le voci che arrivano dai Tribunali (si veda questo articolo dello Studio Scafetta) saranno confermate, le nostre cause saranno derubricate all’atto della presentazione della domanda di affrancazione, senza alcuna certezza che il pagamento per liberare l’immobile dal vincolo del prezzo massimo di cessione sia portato a termine”.
“Non solo la legge è iniqua, poiché non ci ripaga dei danni subiti dalla mancata disponibilità piena del bene che abbiamo acquistato a prezzi tre volti superiori al suo valore; ma ci lascia in balia della volontà del precedente proprietario, costretti a reintrodurre il giudizio se quest’ultimo non dovesse completare l’affrancazione. A questo si aggiunge la ciliegina sulla torta, – conclude il presidente del Comitato – la sez. X del tribunale di Roma sta respingendo le richieste degli acquirenti di passare gli atti al controllo della Corte Costituzionale, adducendo che la giurisprudenza prima della sentenza 18135 fosse orientata diversamente. Tuttavia, secondo approfondite analisi dei giuristi, supportate dalle memorie difensive dei nostri avvocati, non c’è una sola sentenza della suprema Corte che avalli questa tesi in merito ai diritti di superficie 865/1971. La politica, inoltre, ha difeso la propria scelta sostenendo che ci fosse un’emergenza sociale e che le cause fossero ormai troppe. Troppe 370 cause? Quindi a Roma la giustizia si applica con il pallottoliere: quando finiscono le palline, la legge non è più uguale per tutti!”