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Suv-versivi: ecco l’ultima frontiera della lotta contro la crisi climatica

Immagine di copertina
Credit: AGF

I nuovi giustizieri per l'ambiente si fanno chiamare "Tyre Extinguishers". Operano di notte. Sgonfiano le ruote delle auto più grandi. E si firmano con un volantino. A TPI uno dei fondatori spiega perché: “Protestare educatamente non ha funzionato”

I gesti da eseguire sono pochi e semplici, elencati meticolosamente su un volantino stampato e messo in tasca, ripassati a mente prima di entrare in azione: svitare il tappino che copre la valvola dello pneumatico, inserire un sassolino o un oggetto simile sul perno al centro, riavvitare fino a sentire un sibilo d’aria, lasciare un foglietto sul parabrezza e dileguarsi il più rapidamente possibile. «L’intero processo dovrebbe richiedere circa 10 secondi», rassicurano sul proprio sito i fondatori di Tyre Extinguishers (in italiano “distruttori di ruote”), movimento ambientalista nato nel Regno Unito da circa un anno e che in breve tempo ha già portato la protesta contro il cambiamento climatico a un nuovo livello di azione. Nel mirino degli attivisti che aderiscono alla causa ci sono i Suv in sosta nelle grandi città, ritenuti l’emblema di una società che volta le spalle alla crisi globale. «Sono un disastro per la nostra salute, per la sicurezza pubblica e per il clima», spiega a TPI una portavoce e fondatrice del movimento, che usa lo pseudonimo di Mercedes Driver. «Auto sempre più grandi stanno dominando le nostre città – aggiunge – tutto ciò perché pochi privilegiati vogliono ostentare la loro ricchezza. I governi hanno fallito nel tentativo di proteggerci, dobbiamo farlo da soli. Vogliamo vivere in paesi e città con aria pulita e strade sicure. Protestare educatamente per queste cose non ha funzionato».

Ci sono però alcune regole di ingaggio, che il gruppo ha affinato col tempo, per massimizzare la resa dei blitz preservando l’incolumità degli attivisti e tenendo conto delle esigenze di alcuni automobilisti. Innanzitutto gli organizzatori incoraggiano ad agire di notte, quando è meno probabile che i proprietari dei Suv possano trovarsi nei paraggi. Il target di riferimento sono le «aree eleganti e borghesi delle città» e bisogna evitare assolutamente le auto «chiaramente adibite al trasporto di persone con disabilità, quelle dei commercianti, minibus e veicoli di dimensioni normali». Dopo aver sgonfiato lo pneumatico l’attivista è invitato a lasciare sotto al tergicristalli un volantino in modo che il proprietario sappia che il suo mezzo è inutilizzabile e abbia una spiegazione del perché.

Il depliant recita: «Attenzione, il tuo Suv uccide. Abbiamo sgonfiato uno o più dei tuoi pneumatici. Ti arrabbierai, ma non prenderla sul personale. Non sei tu, è la tua auto. Lo abbiamo fatto perché andare in giro per le aree urbane con un veicolo così enorme ha conseguenze altrettanto enormi per gli altri». Segue una parte in cui vengono illustrati i motivi della protesta, citando dati sull’emergenza climatica e sull’inazione politica. Il messaggio allo sfortunato guidatore si conclude così: «Non avrai difficoltà ad andare in giro senza il tuo succhiabenzina. Potrai muoverti a piedi, in bicicletta, oppure con il trasporto pubblico».

 

Facile come un tutorial
Ognuno di questi passaggi è spiegato sul sito di Tyre Extinguishers, che appare come un manifesto per una vera e propria “chiamata alle armi” rivolta a chiunque voglia unirsi al movimento. Online ci sono indicazioni su come riconoscere un Suv, con fotografie dei modelli più comuni, videotutorial su come sgonfiare una ruota con una lenticchia e una serie di consigli pratici come: «Esercitati prima con una ruota di bicicletta». Oppure: «Muovetevi in coppia così da evitare grandi gruppi e rischiare di essere scoperti». Dopo aver agito, gli attivisti vengono invitati a contattare anonimamente la stampa locale per informare i media dell’avvenuto blitz attraverso «servizi di posta elettronica sicuri», un paio dei quali vengono indicati esplicitamente. «Quando hai finito – si legge sul sito di Tyre Extinguishers – invia una segnalazione anche a noi, così possiamo tenerne traccia». 

«Ad oggi abbiamo messo fuori gioco 10mila Suv in tutto il mondo», spiega ancora Mercedes Driver a TPI. «Ma non tutte le azioni ci vengono riportate, quindi magari il numero è anche maggiore. Non sappiamo quanti siamo, ma al momento siamo in contatto con circa 120 gruppi attivi in 17 Paesi». Dopo la fondazione nel Regno Unito e la creazione del portale online nato con l’idea di aggregare quante più persone possibili interessate alla protesta, oggi il movimento ha referenti negli Stati Uniti, in Canada, Nuova Zelanda e in tantissimi altri Paesi europei come Francia, Spagna, Germania, Belgio, Italia, Svizzera, Paesi Bassi. I volantini e gli avvisi online sono tradotti in tutte le lingue, e vengono forniti anche degli sticker da attaccare «ovunque, in strada, sui lampioni, sui muri, sulle ringhiere» con un rimando al sito per ampliare la potenziale platea di simpatizzanti.

Chiunque è invitato a unirsi al movimento: «Siamo persone di ogni estrazione sociale – insiste la fonte anonima – per la maggior parte giovani. Pensiamo di star portando attenzione su un problema enorme, nell’ultimo anno abbiamo visto migliaia di articoli su ciò che facciamo, milioni di persone commentano online il nostro operato. Ciò che era iniziato come qualcosa di piccolo si è trasformato in un movimento internazionale». Oltre alla questione climatica, l’obiettivo dei Tyre Extinguishers è sensibilizzare su tutti i rischi connessi all’utilizzo dei Suv: «Un episodio in particolare ci ha spinti a fondare il movimento: uno dei nostri ha visto un ciclista restare quasi ucciso da un Range Rover. Il guidatore non si fermò per aiutare il ragazzo ferito, scappando a tutta velocità. Un gesto che mostra l’egoismo delle persone che guidano queste auto. Studi psicologici mostrano che i proprietari di Suv si comportano in maniera più pericolosa rispetto a chi guida un’auto normale. Inoltre, le possibilità di sopravvivere a un impatto con un mezzo simile sono più basse».

Una vera piaga
Da quel momento è cominciata una vera e propria crociata contro le auto di grossa cilindrata: «Se riusciremo a evitare che anche una sola persona ne acquisti uno, quella sarà la nostra vittoria. E sappiamo che questo sta già accadendo». Tra le principali rivendicazioni del movimento c’è infatti una menzione in un articolo apparso sul quotidiano britannico The Telegraph, uno dei più diffusi del Paese, nel quale il giornalista James Foxall sconsiglia l’acquisto di Suv: «I conducenti preoccupati di essere presi di mira dagli attivisti per il clima dovrebbero optare per auto più piccole», si legge.

Il servizio continua: «Se sei preoccupato che le tue gomme vengano sgonfiate, perché non provare una station wagon tradizionale?». Secondo l’Agenzia internazionale per l’Energia (Aie), il progressivo aumento delle vendite di Suv registrato negli ultimi anni ha spinto le loro emissioni globali a quasi 1 miliardo di tonnellate di anidride carbonica nel 2022. Ogni giorno si spostano circa 330 milioni di Suv, che da soli sono in grado di produrre la stessa CO₂ di due nazioni come Regno Unito e Germania. Se fossero un Paese, si stima che queste auto sarebbero il sesto più inquinante al mondo. Tutto ciò perché i veicoli sono più grandi e più pesanti delle auto normali e consumano in media il 20 per cento in più di carburante. Di conseguenza l’aumento del numero di Suv venduti nell’ultimo anno ha causato un terzo dell’aumento della domanda globale di petrolio.

La principale obiezione consiste nel far notare che un veicolo su due di quelli messi in circolazione nel 2022 fosse in realtà elettrico, ma gli esperti dell’Aie frenano gli entusiasmi: «I Suv elettrici stanno crescendo in popolarità, ma non abbastanza rapidamente da compensare l’aumento del consumo di petrolio e delle emissioni della flotta più ampia. Questi veicoli richiedono anche più energia per essere alimentati, quindi un’impennata del mercato metterebbe ulteriore pressione sulle catene di approvvigionamento delle batterie e aumenterebbe ancora di più la domanda dei minerali necessari per produrle».

Julia Poliscanova, direttrice senior per i veicoli e la mobilità di Transport & Environment, la federazione europea per le ong che si occupano di mobilità sostenibile, sostiene che le case automobilistiche stanno «eliminando le auto di piccole dimensioni alla ricerca del profitto». «Aziende come Stellantis e BMW – spiega – hanno fatto sapere che si stanno muovendo verso la vendita di un numero minore di auto, concentrandosi sui Suv. Per i conducenti, questo significa modelli più costosi e prezzi di gestione più elevati, soprattutto in un momento di costi energetici già alti». Data la posta in gioco, le autorità di regolamentazione dovrebbero garantire che le piccole auto europee non scompaiano. «Il modo migliore – conclude Poliscanova –  è tassare quelle più grandi». Nel Regno Unito, il Comitato sui cambiamenti climatici, organo di consulenza esterno al governo, vorrebbe bandire entro il 2035 la vendita di Suv, includendo anche quelli ibridi. Gli esperti sottolineano che una rapida decarbonizzazione del settore dei trasporti passerà inevitabilmente anche per una riduzione del numero totale di autovetture in circolazione, in particolare nelle grandi città.

 

Tutto per l’ambiente
Ad oggi i Tyre Extinguishers rivendicano di aver colpito duemila Suv nel Regno Unito, con azioni documentate a Brighton, Londra, Manchester, Birmingham, Sheffield, Bristol, Edimburgo. L’ultimo intervento coordinato risale agli inizi di aprile, quando 200 Suv sono stati resi inutilizzabili nel corso della stessa notte a Bruxelles e Gand, in Belgio.

In Italia, dove sfruttando un gioco di parole il movimento prende il nome di “Suv-versivi”, gli attivisti sono entrati in azione a Milano, Torino e più di recente a Bologna, dove sono state prese di mira circa 40 auto e alcuni residenti hanno sporto denuncia nei confronti di ignoti. Le azioni hanno indispettito non poco le autorità. Nel denunciare i fatti avvenuti in Lombardia, l’europarlamentare Silvia Sardone, commissario cittadino della Lega, e Chiara Pazzaglia, consigliera del Carroccio nel quarto Municipio di Milano, hanno parlato di «talebani dell’ambientalismo più sfrenato» e di «eco-imbecilli» per colpa dei quali «ci sono stati genitori che non hanno potuto accompagnare i figli a scuola».

I fondatori di Tyre Extinguishers sanno bene di non attirare le simpatie di molti. L’attore di Jessie Wallace ha postato su Instagram una foto del volantino trovato sul parabrezza della sua auto commentando: «Questi cog***ni dovrebbero essere rinchiusi». «Riceviamo migliaia di e-mail con minacce di morte – ammette Mercedes Driver a TPI – quasi tutte da uomini. Questo mostra anche quanto sia fragile la loro mascolinità, così legata alla loro auto. Ma le minacce non ci fermeranno. Agiamo in spazi urbani, dove ci sono anche altri modi di gestire eventuali emergenze. Potremmo capire le critiche se fossimo nel bel mezzo del nulla, ma non prendiamo mai di mira quei veicoli lì. Quasi tutti i viaggi dei Suv non sono fatti per emergenza, ma per vanità, o perché a qualcuno non andava di fare una passeggiata».

Tra gli ispiratori del movimento c’è il professore dell’Università svedese di Lund, Andreas Malm, il cui libro “How to Blow Up a Pipeline” (“Come Far Saltare in Aria una Tubatura”) sostiene il sabotaggio delle infrastrutture dei combustibili fossili come forma di attivismo ambientale. Il docente ha definito le azioni dei Tyre Extinguishers come una forma di disturbo «estremamente pacifico e gentile». «Chiunque – sostiene – può sgonfiare le ruote di un Suv. È praticamente un gioco da ragazzi. Non richiede alcuna organizzazione formale, nessuna leadership, nessun attrezzo che non siano pezzi di ghiaia o fagioli o lenticchie verdi. Data la natura infinitamente replicabile dell’azione, ha un enorme potenziale per rendere il possesso di un Suv meno conveniente».

Il meccanismo psicologico sul quale gli attivisti cercano di far leva è quello della vergogna: «Ma è molto improbabile che le persone soggette a vergogna pubblica cambino la propria opinione», fa notare Dana Fisher, sociologa dell’Università del Maryland che ha svolto ricerche sulle proteste ambientali dagli anni ’90. «Gli attivisti per il clima – osserva – stanno diventando più conflittuali, mentre aumenta la frustrazione per la lentezza con cui i governi affrontano la crisi climatica. Ci sono molte persone che hanno a cuore l’ambiente e sono molto deluse, quindi cercano di dimostrarlo in ogni modo. Non mi sorprenderebbe se queste azioni fossero l’inizio di qualcosa di più conflittuale e più distruttivo, che potrebbe esplodere da un momento all’altro».

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