La criminologa a TPI: “Silvia Romano ora rischia davvero che le facciano del male, bisogna proteggerla”
La criminologa a TPI: “Silvia Romano ora rischia davvero che le facciano del male, bisogna proteggerla”
“Silvia Romano ci è costata 40 milioni pagati in una Banca del Qatar”. Comincia così uno dei messaggi-bufala che girano sui social network e che spargono menzogne sulla 25enne italiana sequestrata in Kenya a novembre 2018, portata in Somalia dai suoi rapitori e rientrata in Italia dopo 18 mesi di prigionia. “Silvia Romano è venuta in Italia a compiere una missione ben precisa”, si legge ancora nel messaggio, “ha incarnato il simbolo di un’ideologia. Era avvolta dalla bandiera dello stato terroristico islamico di Al-Qaeda”. Affermazioni prive di ogni fondamento ma che – circolando sulle app di messaggistica e sui social – istigano all’odio verso la giovane milanese. Dopo il rientro a casa di Silvia Romano si è scatenata una campagna incredibile fatta di minacce e insulti, con decine di messaggi indirizzati al suo profilo Facebook e dei volantini contro di lei appesi nel quartiere di Casoretto – dove vive la volontaria italiana – e persino cocci di bottiglia sul balcone di un altro appartamento del suo palazzo. Tanto che la procura di Milano ha aperto un’indagine sulle minacce e valuta la possibilità di metterla sotto protezione. TPI ha parlato di quanto accaduto con la criminologa Roberta Bruzzone.
Pensa che il pericolo per Silvia Romano sia reale?
Temo proprio di sì. A me stanno arrivando su Whatsapp dei messaggi da numeri sconosciuti che riguardano Silvia Romano e che hanno dei contenuti a dir poco deliranti. Vi si legge che è una terrorista, che bisogna eliminarla, una serie di valutazioni preoccupanti, quindi temo che la questione possa trascendere.
Come mai tanto odio secondo lei?
Spesso nei momenti storici di difficoltà, come quello che stiamo vivendo, la maggior parte delle persone sperimenta una sensazione di angoscia e di frustrazione. Avere qualcuno su cui proiettare questo tipo di vissuti fa stare meglio, quindi adesso il “nemico pubblico numero uno” è Silvia Romano. L’aspetto del trauma vissuto da questa ragazza oggi viene totalmente ignorato e disconosciuto, mentre lei è stata trasformata in una nemica. Questo la rende un possibile bersaglio.
Un bersaglio per chi?
Anche da parte di soggetti squilibrati, che non hanno una collocazione politica ma la individuano come una sorta di nemico da abbattere. C’è molta gente che non sta bene in giro e che non vede l’ora di trasformarsi in colui o colei che ha eliminato quello che adesso viene visto come il “nemico numero uno” del popolo italiano. Mi auguro che questo sia adeguatamente valutato dalle forze di polizia e dall’autorità giudiziaria, perché questa ragazza in questo momento è a rischio, a mio modo di vedere.
Il deputato leghista Pagano in Aula ha parlato di Silvia Romano come di una “neo terrorista”.
La conversione ha creato una serie di scenari complottisti degni del peggiore parto psichiatrico estremo, da parte di complottisti dell’ultima ora. Indubbiamente qualcosa è andato molto storto nel modo in cui è stata gestita la comunicazione su questa vicenda. Parliamo della vittima di un sequestro durato 18 mesi, andava preservata di più. Trovo anche molto discutibile che, all’indomani di un interrogatorio che avrebbe dovuto essere secretato data la delicatezza dell’argomento, ce lo siamo invece sostanzialmente ritrovato ripercorso subito dopo.
Che idea si è fatta dopo il ritorno di Silvia?
Mi preoccupa moltissimo la situazione di questa ragazza. È vittima di una situazione tremenda, che avrebbe messo in ginocchio tutti noi. Al di là del fatto che sembrava sorridente e in buone condizioni fisiche, ricordiamoci che un sequestro di persona che dura 18 mesi è un evento traumatico devastante. Nessuno di noi è in grado di valutare ciò che è successo. È possibile che Silvia Romano possa aver avuto una serie di effetti manipolatori, che l’hanno portata a fare un percorso particolare. È persino possibile che la conversione sia stata una conseguenza di una dimensione post-traumatica, ad oggi non possiamo escluderlo. In una fase post sequestro che lei abbia speso parole “positive” per i sequestratori è assolutamente plausibile. Non perché sono stati buoni con lei, ma perché lei potrebbe aver scelto questa strada per cercare di trovare nei suoi sequestratori degli aspetti di umanità che le servivano per poter gestire l’angoscia di quella condizione.
Ci sono dei precedenti?
Assolutamente sì. Oggi sembriamo tutti esperti della sindrome di Stoccolma, ma la maggior parte delle persone non ha idea di cosa innesti una risposta identificatoria da parte della vittima con il carnefice. Normalmente questo tipo di processo si innesca quando c’è un grandissimo rischio per l’incolumità fisica e psichica della vittima, di conseguenza in un contesto a medio-lungo termine c’è l’esigenza di trovare delle garanzie sufficienti ad arginare l’angoscia che deriva dal sequestro. Mi guardo bene dal fare valutazioni su Silvia Romano, perché non l’ho esaminata, ma non faccio nessuna fatica a immaginare che questa ragazza sia stata esposta a un trauma veramente devastante e abbia cercato di resistere a quella condizione nel modo migliore possibile. Se la conversione le ha dato quella chances in più di sopravvivere a quell’esperienza, ben venga. Se è davvero un percorso autonomo o meno lo vedremo nel tempo.
È favorevole quindi alla scorta a Silvia Romano?
Sì. Di scorte sui generis ne abbiamo viste parecchie, ma lei è una delle poche persone che ne hanno davvero bisogno in questo momento in questo paese. E forse ne avrà bisogno per un periodo prolungato, perché quest’odio non si spegnerà rapidamente. L’invito che rivolgo a tutti è di frenate la lingua e le cellule del cervello, che per alcuni hanno preso una deriva delirante e veramente preoccupante. Basta indossare il vestito sbagliato e diventi il nemico del popolo italiano: una situazione allarmante sul versante della salute mentale del nostro paese.
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