Roma, Pronto Soccorso bloccati dal virus: “Qui la situazione è già esplosa. Chiuderemo gli ospedali, sarà tutto Covid”
Roma, Pronto Soccorso bloccati dal Covid: “La situazione è esplosa”
“Li senti i sapori, senti gli odori?”, chiede un’infermiera del Pronto Soccorso di Tor Vergata, a Roma, al paziente trasportato in ambulanza. Sono le 10 di sera. L’operatrice sanitaria esamina i nuovi arrivi davanti all’accettazione e decide se dirottarli verso l’ingresso per pazienti Covid o invece farli passare dall’entrata principale. Mi spiega che ci sono due percorsi separati, “uno pulito e uno sporco“. “Faccio domande di rito per capire se i nuovi arrivati hanno sintomi. Ma a volte anche se non ne hanno il medico può decidere di fare comunque un tampone, e scopre che sono positivi al Covid. Oppure loro stessi mentono perché credono che così fanno prima, ma non capiscono che per cercare di salvare se stessi mettono a rischio tutti”, afferma. Sicura che entro venerdì il Pronto Soccorso diventerà “tutto Covid”. “Oggi abbiamo aperto il quarto reparto, torneremo come marzo e aprile”, dice. Due persone si avvicinano per chiederle informazioni su un parente ricoverato per Coronavirus. “Non aveva sintomi, non aveva tosse”, le dicono increduli e in cerca di spiegazioni. “Ma quello anche se non si vede, fa il danno”, risponde lei.
Un operatore afferma che la situazione “diventerà peggio di prima“. E le immagini delle ambulanze impilate in attesa di lasciare le persone soccorse davanti all’ingresso non lasciano pensare il contrario: già da diversi giorni intorno alle 4 di mattina, fuori dal Pronto Soccorso se ne possono trovare fino a dieci in attesa di una barella per i pazienti, che nel frattempo vengono curati all’interno della vettura. È l’alba il momento in cui la situazione esplode, dicono, ma con il calare della notte il parcheggio inizia già a riempirsi. “Per adesso stai un po’ con noi”, comunica l’infermiera al sospetto malato di Coronavirus, perché per lui non è ancora possibile entrare. “Dipende dall’affluenza del Pronto Soccorso, fuori puoi trovare ambulanze se mancano le barelle, e in quel caso siamo costretti ad aspettare”, racconta un soccorritore dentro una delle vetture. Anche se in quel momento l’affluenza è più bassa, assicura che “siamo nella stessa situazione tutti giorni”. “Che non c’è posto ormai è assodato. La situazione è già esplosa, l’altra giorno ho fatto il turno di notte e di mattina c’era l’ira di Dio, le ambulanze arrivavano in fondo”, racconta un altro operatore indicando l’ingresso per le ambulanze che dà sulla strada principale.
Per ora, in quello di Tor Vergata come negli altri Pronto Soccorso di Roma, i casi Covid e non Covid sono mischiati, ma il timore è che presto, dappertutto, le altre patologie non potranno più essere curate. E chi si reca in Ospedale per altre urgenze aspetta ore prima di essere assistito, in una sala d’attesa in cui i parenti non sono ammessi. Aspettano fuori, in fila, ma la precedenza le hanno le ambulanze che arrivano con pazienti gravi. “Tre mesi fa ho portato mia moglie che si sentiva confusa, non ho fatto in tempo a parcheggiare che già l’avevano ricoverata, poi l’hanno tenuta una settimana. Oggi è successo lo stesso ma sono qui in attesa dalle 12, deve ancora essere visitata. Ha due tumori in testa ma non possono operarla”, mi racconta un uomo intorno alle 17.30 del pomeriggio davanti al Pronto Soccorso del Policlinico Gemelli. “Tre ore fa mi hanno detto che c’erano solo tre persone davanti a lei, ma forse sono arrivate nuove urgenze”.
“Si sta tornando lentamente ai livelli della prima ondata, come numeri quasi. Siamo a un terzo dei ricoveri massimi che abbiamo fatto durante marzo e aprile, quando in Italia c’erano 4mila pazienti in terapia intensiva, e 30mila nei reparti normali. Adesso negli ospedali siamo a 6mila in reparti normali e circa 800-900 in terapia intensiva, quindi in dieci giorni arriveremo alla metà di come eravamo prima”, spiega un operatore sanitario del Policlinico Gemelli. Nell’ala principale dell’Ospedale di Roma ci sono ancora pochi casi, ma il Columbus Hospital, costruito a marzo per ospitare i ricoveri Covid, è già pieno. “Il problema è che chiuderemo gli ospedali per fare spazio ai Covid, tutti gli interventi e le sale operatorie, la rianimazione non Covid. Possiamo accogliere altri 2,3mila pazienti in tutta Italia poi basta, si toglieranno posti negli ospedali, si ricomincerà con il chiudere gli ospedali, quella è la cosa grave”.
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