Covid, 45 mila operatori sanitari non ancora vaccinati: al via le prime sospensioni
Ordini professionali, ospedali e Rsa hanno già fornito alle Asl i nominativi di tutti i medici e gli infermieri non immunizzati delle diverse strutture sanitarie
Al via le prime sospensioni per gli operatori sanitari non ancora vaccinati contro il Coronavirus. L’obbligo vaccinale per la categoria era stato introdotto dal decreto del Consiglio dei ministri dello scorso primo aprile: chi non ha aderito potrebbe dover restare a casa senza stipendio fino alla fine dell’anno.
Ordini professionali, ospedali e Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) hanno fornito alle Asl i nominativi di tutti i medici e gli infermieri non immunizzati delle diverse strutture sanitarie. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla struttura del Commissario per l’emergenza Covid, almeno 45.753 mila operatori sanitari sono ancora “in attesa di prima dose o dose unica” di vaccino, il 2,3 per cento del totale degli 1,9 mln di dipendenti del settore in Italia.
Alcune Regioni spiccano però più di altre. In Emilia Romagna sono oltre 14 mila gli operatori sanitari non ancora vaccinati contro il Covid, quasi l’8 per cento del totale. Seguono la Sicilia con 9.214 professionisti (6,5 per cento) e la Puglia con 9 mila (6,5 per cento). A due mesi dal decreto legge che ha introdotto l’obbligo vaccinale anti-Covid per i professionisti della sanità, sono così arrivate le prime sospensioni da parte delle Asl.
Le aziende sanitarie hanno mandato a ciascun operatore un invito a fornire la documentazione circa l’avvenuta vaccinazione, la conferma di un appuntamento già fissato o di un motivo che legittimi l’esenzione dalla somministrazione. Diversi professionisti non vaccinati sono così stati esentati dalle mansioni che prevedono contatti interpersonali o operazioni a rischio contagio.
Proprio la Puglia è una delle Regioni più efficienti nell’identificare gli operatori non ancora vaccinati. A fine maggio, l’Asl di Brindisi ha sospeso dal lavoro senza stipendio ben cinque dipendenti perché avevano rifiutato il vaccino anti-Covid. Spesso, come in questo caso, non è infatti possibile individuare per i professionisti non immunizzati impieghi non a rischio e di conseguenza le autorità preposte dispongono la sospensione della retribuzione, a seguito di una serie di richiami formali a effettuare il vaccino.
“Dobbiamo fare una riflessione, dai dati delle tabelle dell’ultimo report ci sono alcune Regioni che hanno zero nella tabella degli operatori sanitari non vaccinati, mi pare davvero strano”, sottolinea ad Adnkronos il presidente dell’Ordine degli infermieri della provincia di Bologna, Pietro Giurdanella. “È possibile che alcuni colleghi non possano fare il vaccino anti-Covid per motivi di salute, perché immunodepressi o perché siano pazienti ematologici. In questi mesi al nostro Ordine sono arrivate diverse segnalazioni di infermieri, liberi professionisti, che hanno avuto difficoltà a vaccinarsi, ad esempio chi lavora per l’Inps”.
“Detto questo noi abbiamo sempre detto, senza se e senza ma, che il vaccino va fatto. Indipendentemente dalla legge sull’obbligo, c’è una deontologia che va rispettata”, conclude Giurdanella. “Al momento ancora non ci sono arrivate segnalazioni dalle Asl, ma credo che arriveranno a breve e siamo pronti ad intervenire”.
“In Italia i medici non vaccinati sono davvero pochissimi”, rileva sempre ad Adnkronos il segretario nazionale Anaao-Assomed, il sindacato dei medici del Servizio sanitario nazionale, Carlo Palermo. “È possibile che qualcuno abbia aspettato fino all’ultimo per vedere se da parte delle direzioni degli ospedali o delle Asl si sarebbe proceduto alla segnalazione. Ma credo, parlo per i medici, che tutti abbiano un’idea ben precisa su cosa vuole dire vaccinarsi contro il coronavirus”.
“Quando lo scorso anno qualcuno diceva che la percentuale dei medici ‘no-vax’ poteva arrivare anche al 20 per cento, io ho sempre detto che non era possibile ed è stato cosi”, ha aggiunto Palermo. “Chi è stato in prima linea e ha visto in faccia il virus e la malattia ha pochi dubbi, se non nessuno. Per chi è dipendente del Servizio sanitario nazionale, è inaccettabile non vaccinarsi e su questo siamo sempre stati chiari”.
Il provvedimento del Governo chiedeva agli ordini professionali e agli ospedali di consegnare entro il 6 aprile alle Asl gli elenchi con i nominativi degli operatori non vaccinati e poi verificare lo stato vaccinale non oltre il 16 aprile, ma poi è stato concesso più tempo. Nelle ultime settimane e a più di due mesi dalla scadenza fissata per gli accertamenti sul personale, sono arrivati i primi richiami formali.
Molti operatori non si sono presentati all’appuntamento per il vaccino, così sono arrivati i primi avvisi di sospensione dal servizio. In questi casi il decreto prevede anche la possibilità di sospendere la retribuzione fino al 31 dicembre 2021.
“Incredibile, doloroso ma indispensabile per la sicurezza dei pazienti. Forse bisognerebbe guidare tutti questi sanitari verso un lavoro differente, più adatto a loro”, commenta su Twitter il virologo, Roberto Burioni. “Quando invoco misure severe contro i non vaccinati (per scelta) vengo attaccato violentemente da persone di estrema destra. Mi stupisco perché il primo vaccino ‘moderno’ fu reso obbligatorio in Italia nel 1939 (difterite)”, ricorda l’esperto in un altro tweet.