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Covid, il direttore dell’Ema Guido Rasi: “Improbabile un vaccino a Natale. Ci vorrà un anno per immunizzare tutti e tornare alla normalità”

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Covid, il direttore dell’Ema: “Improbabile un vaccino a Natale”

Il direttore dell’Ema Guido Rasi spegne i facili entusiasmi sull’arrivo di un vaccino anti-Covid entro Natale e avverte che ci vorrà almeno un anno prima di tornare alla normalità. Intervistato da La Repubblica, Rasi, che il prossimo 15 novembre lascerà l’incarico di direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco, ruolo che ha ricoperto per 9 anni, lancia un allarme: “Se i governi non preparano subito piani per la vaccinazione rischiamo di rallentare il processo di 4-5 mesi e di pagare l’inazione, così come oggi scontiamo alcuni errori del recente passato”.

Riguardo l’arrivo di un vaccino entro Natale, di cui ha parlato anche il premier Conte nella conferenza stampa in cui ha presentato il nuovo Dpcm, Rasi dichiara che il suo arrivo entro le festività “Tecnicamente è ancora possibile, ma è estremamente difficile se non improbabile. Le case farmaceutiche non ci hanno ancora presentato i dati clinici delle sperimentazioni e praticamente siamo a novembre”. Secondo il direttore dell’Ema, l’ente che dovrà dare il via alla commercializzazione del vaccino in Europa “Se tutto andrà liscio potremo autorizzare i primi vaccini tra gennaio e febbraio. Ne abbiamo tre che hanno completato o stanno per completare la terza fase della sperimentazione: Moderna, AstraZeneca e Pfizer. Ora devono analizzare i dati e compattarli. Se entro fine novembre ci manderanno informazioni chiare e inequivocabili potremo farcela appunto tra fine gennaio e inizio febbraio”.

Sulla somministrazione dell’antidoto anti-Coronavirus, Rasi pensa che “si potrebbe iniziare a vaccinare subito le categorie a rischio”, mentre il resto della popolazione potrebbe iniziare a essere vaccinato entro metà 2021: “Entro l’estate inizieremo ad avere abbastanza vaccinati per vedere gli effetti sulla pandemia”. Rasi, comunque, si dice certo che sconfiggeremo il virus: “La velocità dipende dall’efficienza dei vaccini, dalla bontà dei piani vaccinali dei governi, da quelli per la comunicazione mirata a convincere le persone a vaccinarsi e dal monitoraggio per tarare le strategie vaccinali e aumentarne l’efficacia”.

Ma quando potremo tornare alla normalità? “Sicuramente a fine 2021 avremo una vita molto più gestibile – risponde Rasi – potremmo arrivare a sconfiggere del tutto il Sars-Cov2 con un’immunità di massa oppure le sue mutazioni potrebbero renderlo simile alla normale influenza, con la necessità di preparare un vaccino all’anno”. Anche se il direttore dell’Ema si dice “molto preoccupato perché non vedo preparare i piani nazionali per la distribuzione. Capiremo solo a ridosso dell’autorizzazione l’efficienza percentuale di ciascun vaccino, centrale per tarare la strategia. Sapremo all’ultimo se saranno approvati vaccini che prevengono la trasmissione del virus o la malattia, e dunque se avremo o meno asintomatici che potranno ancora trasmettere il Covid. Così come sapremo solo dopo 4-6 mesi la durata reale dell’immunità. I piani nazionali servono proprio per rispondere rapidamente a queste variabili e perché siano efficaci vanno preparati subito”.

Sui possibili rischi del vaccino anti-Covid, invece, Rasi dichiara: “Autorizzare il vaccino 15 giorni prima non serve a nulla se poi perdi 4-5 mesi nella campagna di vaccinazione perché non l’hai allestita bene. I politici che si lanciano in previsioni confondono l’opinione pubblica: più utile stilare un piano per farsi trovare pronti. Inoltre bisogna lavorare sulla comunicazione per spiegare alle persone che il vaccino è sicuro, che non è una panacea ma l’inizio della fine della pandemia e dunque per diversi mesi dovremo continuare con distanziamento e mascherine”. Sui possibili effetti collaterali, invece, il direttore Ema afferma: “Il vaccino provocherà i classici effetti collaterali come febbricola o dolore al braccio. È improbabile che ci saranno morti per il vaccino, ma è possibile che ci saranno vaccinati morti per altre cause. Il che è ben diverso, ma non meno difficile da gestire mediaticamente. I governi si devono preparare a farlo”.

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