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Ospedali al collasso, ambulanze piene, reparti chiusi: ora in Sardegna il Covid fa paura

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Il 20 luglio sull'isola c'erano zero casi, ma da allora la curva è iniziata a risalire, tra i focolai della Costa Smeralda e i vacanzieri di ritorno. Adesso, con un piano regionale che prevede la creazione di posti letto in base alle esigenze, a Cagliari gli ospedali sono sovraffollati e le ambulanze sono diventati ambulatori. A farne le spese sono i pazienti affetti da altre patologie

Anche la Sardegna fa i conti per la prima volta con l’emergenza Coronavirus e con una situazione che durante la prima ondata non aveva conosciuto, tanto da potersi ritenere “covid Free” a metà luglio e contare zero casi il 20 dello stesso mese. Ma proprio a partire da allora la curva epidemiologica è iniziata a risalire, tra i focolai della Costa Smeralda e i contagi dei vacanzieri di ritorno. Così oggi si registrano tra i 100 e i 250 casi ogni 24 ore. Cifre ancora contenute ma che seguono un trend in crescita, mentre negli ospedali adibiti all’emergenza stanno per finire i posti. Qualcuno ha descritto la città di Cagliari, dove si trova una delle tre strutture destinate a curare l’epidemia in tutta la Regione, “come Bergamo a marzo”. Si tratta dell’Ospedale Santissima Trinità, che assorbe tutti i casi del sud Sardegna e da cui arrivano immagini e racconti di ambulanze ferme davanti all’ingresso, con pazienti in attesa del tampone per oltre sei ore curati all’interno delle vetture.

A descrivere la situazione a TPI il capogruppo dei Progressisti in Consiglio Regionale Francesco Agus, il quale avverte che “Cagliari è come Bergamo a inizio marzo”. “Con questo ritmo di crescita a fine mese siamo come Bergamo a inizio del caos, ma abbiamo una sanità peggiore di quella lombarda e non abbiamo Regioni attorno capaci di accogliere i nostri pazienti. Il nostro punto di rottura è tra una settimana, quando non ci saranno posti materiali per accogliere le persone”, spiega. I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 33 nell’intera Regione, con 174 posti letto in tutta la Sardegna distribuiti tra il Santissima Trinità e il Santissima Annunziata di Sassari, anch’esso destinato a ricoveri Covid.

Ma l’emergenza riguarda il soccorso degli altri pazienti, perché il Covid sta mettendo in affanno l’intero sistema sanitario. Al Santissima Trinità anche il Pronto Soccorso è stato adibito ai ricoveri da Coronavirus, e chi è affetto da altre malattie viene dirottato verso gli altri ospedali di Cagliari, il Policlinico Universitario e il Brotzu. “Con il Santissima Trinità destinato solo al Covid, gli altri due ospedali sono scoppiati. Già da un mese non ci sono posti in medicina e geriatria, un mese fa gli anziani ultra novantenni sono stati trasferiti da Cagliari a comuni distanti 70 o 80 chilometri”, continua Agus. “Ora due Pronti Soccorso devono fare il lavoro che prima facevano in tre. E avere ambulanze impegnate aumenta il rischio di morire di altre patologie, perché la vettura è ferma con il paziente Covid dentro per sei ore”, dichiara ancora il consigliere di Sel, secondo cui nei due mesi precedenti alla nuova esplosione di casi, e cioè durante l’estate, si è pensato che il pericolo fosse scampato e non si è provveduto a creare spazio e “potenziare la rete di screening”.

“Bisognava evitare che il contagio tornasse negli ospedali e che ci fosse una fase identica a quelle che le altre Regioni hanno vissuto a marzo, quando il virus era così esteso da non essere possibile il tracciamento. Se perdi di vista i positivi per giorni, quelli creano altri positivi”. Sono numerosi i casi in cui l’attesa di un tampone dopo l’esplosione dei primi sintomi o dell’esito del test corrisponde a 10 giorni, una circostanza che favorisce la trasmissione del virus quando i potenziali infetti sono in casa, e che non permette di prendere i pazienti più gravi per tempo. Ma dalla Asl di Cagliari smentiscono la situazione di caos organizzativo. “Abbiamo avuto ritardi, ma i casi positivi vengono comunicati prima. Ci sono ambulanze come in tante altre Regioni d’Italia, ma non vi è niente di drammatico, una curva che cresce, ma i numeri sono contenuti. I casi sospetti che non possono andare dalla guardia medica chiamano il 118 e quindi arrivano in ambulanza, per questo sono molto occupate. I posti si riempiono ma basta liberare un reparto come quello di ortopedia e trasferire i pazienti in altri ospedali”, spiegano a TPI. Eppure da sabato proprio i ricoveri di ortopedia sono stati bloccati nei tre reparti ospitati all’Ospedale Marino, in cui era stata trasferita la divisione traumatologica del Santissima Trinità per fare spazio a posti letto Covid.

Anche secondo il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, la situazione è sotto controllo, e in città nonostante l’affanno degli ospedali si registrano meno casi rispetto ai piccoli centri. “Il sovraffollamento del Santissima Trinità riguarda casi che arrivano da tutta la Regione, perché nella città di Cagliari il contagio è contenuto e si registrano le stesse cifre di Agosto”, dice illustrando i dati. 109 positivi in totale a Cagliari nella giornata di domenica, “ma il 3 settembre erano 96”, con un picco di 116 casi intorno al 13 ottobre. “Vuol dire che da 50 giorni oscilliamo sulle stesse cifre, non c’è in città una situazione di incremento esponenziale – continua – Purtroppo il Santissima Trinità soffre il fatto di raccogliere tutti i soggetti del centro sud della Sardegna, e l’altro tema è che non c’è una struttura dove allocare i positivi che sono clinicamente guariti ma non possono tornare a casa a fare la quarantena, quindi molti posti potrebbero essere liberati ma non accade perché il decorso può durare anche 40 giorni. Abbiamo una persona ricoverata dal 23 di agosto”, dichiara a TPI.

E la mancata creazione di strutture temporanee aggiuntive per il ricovero, la diagnosi o la degenza è uno dei temi al centro del dibattito sull’attuale situazione di sovraffollamento. Nei mesi scorsi tra le ipotesi al vaglio delle autorità sanitarie c’era quella di allestire in circa 15 giorni un prefabbricato all’interno del giardino dell’Ospedale Santissima Trinità per poche migliaia di euro, un’idea appoggiata anche dal direttore sanitario Sergio Marracini. Ma la proposta non è passata. “L’8 agosto con un’interrogazione in Consiglio chiedevamo come mai il progetto non fosse stato realizzato, perché ci rendevamo conto che in Pronto Soccorso non c’era possibilità di distinguere pazienti Covid da pazienti sospetti, ma in ospedale nessuno si è preso la responsabilità di firmare e di consentire l’allestimento perché si pensava che l’emergenza durasse fino al 15 ottobre“, spiega ancora Agus.

Ha prevalso il piano regionale “modulare” varato il 12 marzo, che prevede di attivare i posti letto in base alle esigenze, con quattro fasi da attuare a seconda della diffusione del contagio. Adesso la Regione è arrivata alla seconda, quella che prevede circa 224 posti letto per malati Covid distribuiti tra il Santissima Trinità, il Cto di Iglesias, Oristano, Nuoro e Sassari, con gli altri ospedali della Regione potenziati per i pazienti non Covid. Ma la situazione potrebbe precipitare rapidamente verso la fase tre, che coinvolge anche altri ospedali per ora non ancora interessati da ricoveri legati al Coronavirus, come il Binaghi di Cagliari. “Stiamo procedendo a un aumento graduale di posti letto come previsto dal piano regionale”, assicurano infatti dalla Asl. Ma questo sistema ha fatto sì che i pazienti affetti da altre patologie rimanessero senza cure, proprio come è avvenuto nelle altre Regioni a marzo, con posti letto sottratti ad altri man mano che l’emergenza aumentava, e personale insufficiente a seguire tutti. “Il dispiacere è doppio, perché sono scene già viste”, conclude Agus.

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