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Roma, oltre 30 casi di Coronavirus a Villa Fulvia: decine di anziani a rischio, gli ultimi arrivi a inizio aprile. La casa di cura può essere un nuovo focolaio

Immagine di copertina
Credit: Ansa

Coronavirus, il caso del centro di riabilitazione Villa Fulvia di Roma

Villa Fulvia è un centro di riabilitazione di Roma dove sono stati registrati casi positivi al Coronavirus sia tra gli ospiti che tra i dipendenti. La struttura potrebbe diventare un nuovo focolaio di contagio, come già avvenuto in altre Rsa (Residenze Sanitarie Assistenziali), dove molte persone positive o sintomatiche non sono state curate. L’inchiesta sul Pio Albergo di Trivulzio, in cui ci sono state 100 morti sospette tra marzo e aprile e agli operatori sanitari è stato negato l’utilizzo di dispositivi di protezione, ha mostrato che i centri per anziani stanno diventando i nuovi cluster di diffusione del virus a fronte di una curva che sembra scendere verso il basso. Chi vive in quarantena è protetto, ma chi abita questo tipo di strutture residenziali è invece la vittima più vulnerabile: quando ci sono pazienti sintomatici non sottoposti a tampone, isolarli nello stesso ambiente (come spesso avviene) significa rischiare di contagiare anche persone “sane”, i cui sintomi non dipendono dal Covid.

Ma questo è solo un esempio di come le Rsa stanno diventando “la nuova frontiera del Coronavirus” in Italia: in altre strutture, come il Don Gnocchi di Milano, hanno trasferito pazienti positivi prima ricoverati in ospedale, e li hanno messi a contatto con gli altri. Un’inchiesta di Piazza Pulita ha svelato che alcuni sono stati lasciati morire nei propri letti, lontano dai propri cari. A Roma gli ultimi casi di Coronavirus sono stati registrati proprio in questa struttura sull’Appia Nuova, Villa Fulvia, che non è una Rsa, ma un centro di riabilitazione dove vivono anche persone anziane. La prima denuncia è arrivata dagli operatori: 30 dipendenti sono risultati positivi, e hanno contagiato sei pazienti poi ricoverati allo Spallanzani, di cui uno sarebbe morto. Anche se il personale risultato positivo è in isolamento domiciliare, nel frattempo, altri pazienti hanno mostrato sintomi. E un medico della struttura ha confermato a noi di TPI che in questo momento sarebbero oltre 30 i casi all’interno di Villa Fulvia.

Il medico di guardia con cui abbiamo parlato ci ha inoltre spiegato che sono stati accettati ospiti fino all’inizio aprile, solo dieci giorni fa, prima che la Regione bloccasse gli accessi per evitare che si diffondesse l’epidemia. Ma c’è il pericolo che questi siano entrati quando avevano già contratto il virus, e che per questo il focolaio stia esplodendo adesso dopo le fatidiche due settimane d’incubazione. In tal caso da Villa Fulvia potrebbe partire una nuova catena di trasmissione.

La fonte ci ha raccontato che nella struttura al momento vivono oltre 30 ospiti risultati positivi, separati dagli altri non Covid della casa di riabilitazione. “Ci sto combattendo adesso, durante il turno di guardia”, ha detto il medico a TPI. “I positivi hanno tutti oltre gli 80 anni, sono tutti anziani, ma sono stati separati dagli altri. Quando non possono respirare vengono mandati negli ospedali, nei centri Covid qua vicino. Ora non accogliamo più nessuno, sono bloccate le accettazioni. Gli ospiti positivi devono guarire, oppure essere trasferiti”, ha raccontato il dottore. Alla nostra domanda relativa agli strumenti con cui i positivi sono curati all’interno del centro, il medico ha risposto di non sapere molto, perché sul suo piano, il secondo di un centro che ne conta quattro, non ci sono affetti da Codiv-19.

“Io sono un medico di guardia. Non li tratto io, c’è un altro medico”, ha detto l’uomo a TPI. “Ci sono quattro piani e due divisioni. La maggior parte dei positivi sono in un altro reparto. Nel mio zero casi. I casi positivi sono al terzo e al quarto piano. I miei stanno bene, ma alcuni li sto mandando a casa per evitare i contagi”. Il medico ha raccontato che ora tutto il personale è munito di protezioni, ma che per un certo periodo ha lavorato anche senza. “Abbiamo tutti i DPI, ce li hanno mandati appena disponibili, anche se all’inizio non si trovavano. Comunque se uno non respira autonomamente, viene trasferito in ospedale. Noi teniamo tutti i positivi da una parte e i negativi dall’altra per contenere l’epidemia”, racconta ancora il dottore.

“Gli ultimi accolti ad aprile venivano comunque corredati di certificato che attestava la loro negatività al Codiv-19, ma i tamponi lasciano il tempo che trovano. Da noi stanno facendo controlli a tappeto”, ha aggiunto. Un altro medico di guardia contattato, che opera su uno dei piani dove risultano esserci pazienti positivi, ovvero il reparto di riabilitazione, ha raccontato a noi di TPI di non conoscere il numero esatto di anziani positivi sul suo piano. Ma i numeri non sono importanti: conta che i casi siano trattati in modo da non permettere alla potenziale bomba sanitaria di esplodere anche in questo centro per anziani.

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