Doppi turni, lezioni miste e stipendi più alti per i prof: le ipotesi del Miur per far ripartire la scuola
Ecco quanto costa la ripartenza e come sarà organizzata
Servono almeno tre miliardi per far ripartire in sicurezza la scuola. Garantendo le distanze sociali tra gli studenti, i 900 mila insegnanti e i 200 mila amministrativi impegnati. Al ministero dell’Istruzione si studia un piano straordinario per la riapertura delle scuole a settembre. Sul tavolo doppi turni di lezioni, al mattino e al pomeriggio, per garantire il distanziamento sociale e, lì dove non si può, lezioni miste in aula e a casa.
Per non fare lavorare il doppio delle 18 ore settimanali gli insegnanti, Lucio Ficara, docente di Matematica e Fisica in un liceo di Reggio Calabria, propone di “ridurre la lezione a 40 minuti, come accade in molti Paesi europei, elevando il monte ore di ogni prof al massimo possibile per legge, 24 ore settimanal”.
Carmela Palumbo, storica capo dipartimento del vecchio Miur, immagina realizzabile una dinamica mista, da “scuola capovolta”: spiegazioni online e verifiche (orali e scritte) a scuola, a gruppi. “Si può immagine l’uso del sabato mattina, questo magari da casa”. E poi “cantieri aperti in estate per recuperare classi ed edifici che hanno bisogno di interventi non strutturali”. C’è poi chi propone aprire le scuole a luglio per aiutare chi è rimasto indietro, chi vuole rendere obbligatori i test sierologici per prof e studenti.
Task force e cronoprogramma
“La lezione a distanza non può bastare”. Sono le parole del sottosegretario all’Istruzione, Giuseppe De Cristofaro, negli ultimi tempi critico con l’agire della ministra Lucia Azzolina e pronto a ricordare come il Consiglio superiore di sanità, per voce del suo presidente Franco Locatelli, abbia detto esplicitamente che è il caso “di posporre la riapertura delle scuole al prossimo anno”.
Per riaprire il sottosegretario De Cristofaro sostiene che “bisogna fare tutti gli sforzi possibili per riportare in classe docenti e discenti. La didattica a distanza ha colmato il vuoto, ma ogni giorno amplifica le disuguaglianze che già a scuola esistono. Il ministero deve insediare al più presto una task force e costruire un cronoprogramma per i prossimi quattro mesi e mezzo. È il momento di trovare tre miliardi per la scuola italiana, che nelle ultime stagioni ha avuto scarsa attenzione. Questa pandemia ha dimostrato che i pilastri dello Stato sono il sistema sanitario e il sistema dell’istruzione. Dobbiamo mettere in discussione quello che abbiamo fatto fin qui, tagli. E portare a casa i concorsi avviati con un percorso rapido che guardi a chi già insegna”.
Le risorse
Parlando di risorse, tre miliardi sono quelli che ha investito il governo Renzi nel 2015, attraverso la “Buona scuola”. Con quelle risorse sono stati assunti 86 mila docenti, si sono dati premi agli insegnanti più impegnati e bonus cultura a tutti quelli in ruolo. Due miliardi – 1,977 milioni, esattamente – è la cifra che era riuscito ad ottenere il penultimo ministro, Lorenzo Fioramonti (li ritenne insufficienti e sotto Natale si dimise).
Rischio settembre caos
Opinione diversa quella che hanno i sindacati: “Oggi la ministra Azzolina dimentica totalmente – dice Francesco Sinopoli della Cgil – che per recuperare quanto perduto in tanti mesi saranno necessari forti investimenti in tempo scuola, organici docenti e amministrativi, laboratori, edilizia scolastica e sicurezza. Tre miliardi sono la base di partenza per tornare in classe a settembre con il distanziamento sociale, ma si può anche salire. Dovremo investire sul rinnovo del contratto e sull’aumento in busta paga perché già sappiamo che i carichi di questa rinascita peseranno sulle spalle dei nostri docenti, sottopagati. Ad oggi non ci è stato detto nulla: quale organizzazione didattica ci sarà, per quale ciclo scolastico, banalmente quale investimento sulla sanificazione degli istituti e sui dispositivi di sicurezza si farà. Di questo la ministra con noi non parla”.
Insomma, sono ancora molte le incognite per ragazzi e professori per ricominciare la scuola dopo la pandemia.