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Coronavirus, se non ci fosse la sanità privata il sistema collasserebbe: questi dati lo dimostrano

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Credit: Ansa

I dati di diffusione del Coronavirus in Lombardia segnano ogni giorno un nuovo record. L’elemento più allarmante è che il virus in Italia presenta un tasso di mortalità fino a 5 volte superiore rispetto a quello della Corea del Sud, come spiegato dal professor Nino Cartabellotta a TPI, e non è chiaro al momento quali siano le ragioni di questa differenza. Ciò che emerge oggi, è che la Lombardia si trova ad affrontare una vera e propria emergenza che riguarda la sanità, con interventi rinviati e strutture di degenza colme di pazienti. In questo contesto vale la pena segnalare alcuni dati che riguardano il contributo ed il ruolo della sanità privata nella regione più colpita in Italia.

Ad oggi circa il 25-30 per cento dei cittadini ricoverati con Coronavirus sono ospitati da strutture private convenzionate della Lombardia, che per accogliere le centinaia di pazienti hanno dovuto bloccare interventi e ricoveri programmati.  Per dare un’idea dell’impatto della sanità privata, basti pensare che i posti letto offerti in terapia intensiva in Lombardia sono in totale 859. Di questi, 589 sono offerti dagli ospedali pubblici e 270 dalle strutture private. In Lombardia le strutture private convenzionate sono equiparate alle strutture pubbliche. Il paziente può recarsi con la sua impegnativa e venir curato gratuitamente o alle stesse condizioni offerte dalla struttura pubblica.

Secondo i dati di AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata) in Italia la componente privata accreditata garantisce all’intero sistema il 28,4 per cento delle giornate di degenza, il 26,5 per cento della produzione di prestazioni, a fronte di un’incidenza sulla spesa ospedaliera pubblica complessiva del 13,5 per cento. Questi dati indicano che a fronte di minori spese, e minori contributi, il sistema privato può effettivamente essere in grado di provvedere all’erogazione di prestazioni sanitarie a minor costo e maggiore efficienza. Questo non significa che il privato sia esente da problematiche o inefficienze, ma rispetto ai temi di costi ed efficienza, è ampiamente dimostrato il suo contributo.

 

 

Venendo alle condizioni del sistema sanitario pubblico la situazione, in Italia, non è tra le più rosee. Oggi l’impegno finanziario dello Stato si attesta sulla soglia del 6,6 per cento del PIL: in questo modo, secondo il report annuale Ospedale e Salute 2018, è a rischio la capacità di garantire prestazioni adeguate, coerenti con il progresso scientifico e con le esigenze della popolazione che sta cambiando ed invecchiando. Nel contesto della diffusione del Coronavirus, questo dato risulta ancora più importante poiché oggi ci troviamo di fronte ad una duplice diminuzione: si è ridotto il PIL (e diminuirà ancora), ed è diminuita la quota di impegno dello Stato finanziario in favore del Servizio Sanitario Nazionale.

Se l’Italia vorrà davvero scommettere e investire sul SSN dovrà mettere in atto una riforma integrata, che preveda necessariamente un incremento dei fondi al sistema pubblico e ai soggetti convenzionati, adottando misure di efficientamento e misurazione. Una cosa è certa, in tempi di emergenze demografiche o sanitarie, il nostro sistema sanitario si sta dimostrando a malapena all’altezza della situazione. La sospensione degli interventi programmati, la mancanza di personale sanitario e il rischio di sovraffollamento dei reparti può essere solo l’inizio di un capitolo ancora più grave. Chi vorrà davvero mettere in piedi un sistema in grado di gestire le emergenze dovrà intervenire al più presto, e ridisegnare l’intera struttura, prima che sia troppo tardi.

 

 

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